Regno Unito: la stagflazione diventa realtà
L’inflazione del Regno Unito nel mese di settembre è rimasta elevata, con il dato che ha riportato un aumento mensile dello 0,3% e una variazione annuale del 3,1%. Il Retail Price Index (RPI), indice dei prezzi al dettaglio, ha sorpreso ancora di più al rialzo e ora è a livelli di poco inferiori al 5% annuo. L’Indice dei Prezzi alla Produzione (IPP) è attualmente attorno al 12%. La composizione dell’inflazione mostra un aumento su diversi fronti, con i mercati dei beni che guidano il movimento, risentendo degli effetti specifici della Brexit nel Regno Unito che si aggiungono alle pressioni inflazionistiche globali. L’obiettivo del 2% della Bank of England (BOE) sembra ormai molto lontano, nonostante alcuni segnali di rallentamento provenienti da carenze di prodotto e dal mercato del lavoro, e alcune preoccupazioni indotte dal numero ancora elevato di contagi giornalieri nel Paese. Il Regno Unito rappresenta un buon esempio di come potrebbero svilupparsi i recenti timori sulla stagflazione. La BOE è preoccupata per l’inflazione dalla fine dell’estate, con i membri del Monetary Policy Committee (MPC) che discutono di potenziali picchi di inflazione molto più alti rispetto ai livelli attuali (4-5%), portando a delle comunicazioni più aggressive nelle ultime settimane. La riunione di novembre è alle porte e gli aumenti dei tassi previsti entro il primo trimestre del 2022 (prima del tapering del QE) sono quasi scontati. Anche le aspettative di inflazione elevata stanno alimentando i mercati, a differenza di altri Paesi. I breakeven relativi all’RPI a un anno stanno oscillando intorno al 6,4%, quasi 2% al di sopra del tasso spot. Forte inflazione, rapidi aumenti e rischi sulla sterlina a causa della Brexit significano che i tassi del Regno Unito sono tra le poche curve del G10 destinate a sottoperformare i tassi statunitensi nell’imminente stretta monetaria globale.
Turchia – quando piove, diluvia
Una raffica di cattive notizie sta colpendo la Turchia e gli asset turchi. La scorsa settimana, la banca centrale ha sorpreso i mercati con un taglio dei tassi più alto del previsto. I tassi di interesse sono stati ridotti di 300 pb al 16% dall’estate, nonostante la tendenza globale all’inasprimento e l’inflazione interna al 20%. Inoltre, nel fine settimana il presidente Erdogan ha pubblicamente minacciato 10 ambasciatori dei paesi occidentali, definendoli “persona non grata” in Turchia, in un duro colpo pubblico all’Occidente. Preoccupano soprattutto le tensioni diplomatiche in vista dell’incontro Biden-Erdogan in programma per il prossimo fine settimana, in cui devono essere discusse questioni chiave sulle relazioni USA-Turchia. Nel complesso, Erdogan sembra essere in piena campagna elettorale, che di solito porta un impulso a politiche favorevoli al credito e a una politica estera aggressiva. La campagna, tuttavia, potrebbe svolgersi in un momento difficile per la Turchia a livello macro: la Fed sta per iniziare un lungo ciclo di inasprimento che potrebbe probabilmente portare ad un dollaro più forte, con le riserve di valuta estera del paese che rimangono deboli (le riserve lorde sono 90 miliardi di dollari, meno di 5 mesi di importazioni), nonostante qualche aumento durante l’estate. La lira turca si è deprezzata del 24% nel 2021, ma i locali stanno ancora tenendo duro, con i depositi privati in dollari che non sono aumentati in modo massiccio quest’anno (quasi stabili a 235 miliardi di dollari). Una spinta più forte nelle prossime settimane rischia di innescare vendite locali, con conseguenze potenzialmente disastrose per la bilancia dei pagamenti e per la valuta.
BCE – PEPP sotto i riflettori
Alla riunione della BCE del prossimo giovedì, le indicazioni sul futuro saranno sotto i riflettori. Dopo che la Fed ha comunicato un inizio del tapering a novembre, la BCE dovrà comunicare più chiaramente la sua intenzione in merito ai programmi di acquisto. Ciò significa dare maggiore chiarezza su quando gli acquisti potrebbero iniziare a diminuire in modo più significativo e anche sul tipo di programma che prevarrà una volta scaduto il PEPP a marzo. L’Asset Purchase Programme (APP) è il piano di acquisti che rimarrà in atto, ma presenta problemi tecnici (requisiti di capitale e di rating IG significano che l’attuale composizione del PEPP non può essere replicata all’interno del piano APP). Anche la BCE dovrà affrontare una discussione sull’aumento dei tassi, poiché è probabile che la BOE prosegua al rialzo e che i mercati stiano valutando alcune possibilità di un aumento nel 2022 anche in Europa. A nostro avviso, Christine Lagarde si tirerà indietro su questo fronte in modo tale da consolidare le aspettative di un rialzo dei tassi al 2023. Nel complesso, l’incontro non dovrebbe portare grandi notizie, ma la comunicazione dovrà essere più chiara. Gli attuali livelli nel mercato dei tassi non stanno scontando il percorso previsto per l’inflazione dalla banca centrale, il che suggerisce che la guidance debba essere migliorata. Continuiamo a pensare che la BCE inasprirà la propria politica monetaria più lentamente della Fed e del Regno Unito, con un annuncio di tapering graduale, senza alcuna modifica sostanziale alla composizione del PEPP e nessun aumento dei tassi prima del 2023.
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