Cina – È giunta l’ora di riaprire
Nelle ultime settimane, la riapertura della Cina è stata messa in discussione da una massiccia impennata nei nuovi casi riportati.
All’inizio di ottobre il governo ha iniziato ad attenuare la politica di “zero tolleranza” nei confronti del Covid, allentando le restrizioni e aumentando l’autonomia delle province locali in termini di misure.
Di conseguenza, i nuovi casi di Covid hanno subito un’impennata, raggiungendo un nuovo massimo di 40.000 casi giornalieri rispetto ai 30.000 di aprile, spingendo le autorità a un rapido ritorno alla precedente politica. L’aspetto positivo è che il governo è ora più concentrato sulla restrizione dei consumi rispetto ad aprile, senza fermare la produzione delle fabbriche, per evitare interruzioni nelle catene di approvvigionamento.
Inoltre, lo scorso 30 novembre, la vicepremier cinese Sum Chunlan ha dichiarato che la variante Omicron è diventata meno patogena, in concomitanza con la revoca delle misure di lockdown nella maggior parte delle regioni più colpite, nonostante il numero di casi continui a essere elevato. Le autorità stanno inoltre pianificando una nuova campagna di vaccinazione obbligatoria, che porterà il tasso di vaccinazione degli over 80 al 90% entro gennaio 2023, rispetto al 66% attuale.
Nel complesso, ci aspettiamo che il processo di riapertura della Cina sia lento e difficoltoso, poiché i nuovi casi riducono la disponibilità della forza lavoro, con un’accelerazione della crescita che arriverà più tardi del previsto (non prima del secondo semestre del 2023), per cui la crescita del 2023 è stimata “solamente” al 4%.
Fed – Confermato il rallentamento
I toni del presidente della Fed si sono rivelati meno aggressivi di quanto il mercato si aspettasse, in occasione del suo intervento alla conferenza di Brookings di mercoledì scorso.
Powell ha segnalato un rallentamento del ritmo dei rialzi per la prossima riunione di dicembre, confermando la nostra posizione relativa a un aumento di 50 punti base (pb), ora valutato dal mercato con una probabilità dell’80%.
I commenti hanno finalmente evidenziato dei progressi nel contenimento dell’inflazione, visibili in alcuni indicatori principali, in quanto la politica monetaria restrittiva implementata finora sta iniziando a essere efficace, con una riduzione dei prezzi delle case e degli affitti, segnalando anche un miglioramento nelle condizioni delle catene di approvvigionamento.
Inoltre, la dichiarazione rilasciata ci ha fatto supporre un ritorno da parte della Fed al doppio mandato, indicando un nuovo obiettivo nel riequilibrare il numero di posizioni lavorative aperte con il numero di lavoratori disponibili, il cui rapporto è ora pari a circa 1,7, senza però aumentare il tasso di disoccupazione.
Riteniamo che ciò sia in linea con le nostre prospettive di politica monetaria e di inflazione, per le quali prevediamo un tasso terminale vicino al 5% entro maggio 2023 e livelli di inflazione inferiori al 6% entro il secondo trimestre del 2023.
Inflazione europea – Appiattimento o pivot, è questo il dilemma?
L’inflazione registrata dall’Indice dei Prezzi al Consumo (IPC) dell’Eurozona di novembre ha sorpreso al ribasso, con il primo calo dal mese di maggio 2021.
L’indice dei prezzi ha subito una contrazione dello 0,1% sul mese, portando l’inflazione al 10% su base annua rispetto al 10,4% atteso dai mercati. L’inflazione core è rimasta stabile al 5% su base annua, come da noi previsto.
Il dato debole è stato di ampia diffusione, con tutti i Paesi, ad eccezione della Francia, che hanno registrato livelli d’inflazione inferiori alle attese. La sorpresa maggiore si è avuta in Spagna, dove l’IPC è ora al di sotto del 7%, il 4% in meno rispetto al picco dell’11% registrato in estate.
La leggera riduzione dell’inflazione è stata guidata soprattutto dai prezzi dell’energia e dei generi alimentari, che hanno recuperato alcuni dei forti incrementi registrati nel mese di ottobre e hanno continuato a beneficiare del forte calo dei prezzi del gas registrato a partire da settembre.
Le componenti core sono risultate generalmente più stabili rispetto agli ultimi due mesi, ma per il momento non registrano dei cali. Riteniamo che il mese di ottobre rappresenti il probabile picco dell’inflazione europea, con il tasso di inflazione globale che si dirigerà verso il 7% nei prossimi sei mesi.
Alla luce di questi ultimi dati, è più probabile che la BCE rallenti il ritmo dei rialzi dei tassi di interesse, passando dallo 0,75% dell’ultima riunione allo 0,5% della prossima riunione di dicembre, come da nostre stime nei bullets della scorsa settimana. Nel complesso, riteniamo che la maggior parte dei membri più aggressivi del Consiglio direttivo continuerà a premere per dei rialzi più consistenti, ma è improbabile che questi si concretizzino, dato che l’inflazione fallisce nel raggiungere nuovi massimi e dato che anche la Fed rallenterà il ritmo dei propri rialzi. Continuiamo a vedere il tasso terminale della BCE vicino al 3% entro la metà del 2023, non lontano da quanto attualmente prezzato dai mercati.
Team Algebris di Strategie di Credito Globale
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