Performance. A dicembre, il fondo Algebris Global Credit Opportunities ha reso tra 2.7% e 3.1% a seconda delle classi azionarie. A titolo comparativo, l’indice EUR HY (BAML HE00) ha chiuso a 2.9%, l’indice US HY (BAML H0A0) a 3.7% e il governativo dei mercati emergenti (BAML EMGB) a 5.0%. Nel corso del mese, la performance (in euro, al lordo delle commissioni) è stata trainata da: (i) Credito: 3.9%, di cui 4.22% da obbligazioni cash e -0.35% da CDS; (ii) Tassi: -10pb; (iii) Valute: 3pb; (iv) Azionario: -45pb; (v) Altro: 0pb.
Posizionamento corrente. La tendenza iniziata a novembre è proseguita anche a dicembre: le condizioni finanziarie hanno continuato ad allentarsi e gli spread globali si sono ridotti. La riunione della Fed è stata accomodante, con Powell che ha aperto la porta a tagli nel 2024 in modo più esplicito del previsto. Il nostro Fondo ha beneficiato di questa dinamica, grazie al rischio di credito e di tasso aggiunti a fine ottobre, ridotti solo marginalmente a novembre. Le nostre posizioni lunghe liquide sono state rivalutate al rialzo e le leggere protezioni hanno comportato una debolezza soltanto marginale sulle coperture macro. Abbiamo chiuso il 2023 con un rendimento netto in EUR dell’11-13% a seconda delle classi di azioni. Nel complesso, il nostro approccio flessibile ha permesso al Fondo di generare rendimenti positivi durante il più rapido riprezzamento dei tassi di interesse degli ultimi vent’anni.
A fine dicembre abbiamo iniziato a ridurre parte dell’esposizione che aveva trainato i rendimenti da ottobre. A fine mese, le principali curve dei rendimenti scontavano 6-7 tagli per il 2024; lato nostro, ci aspettiamo un’inflazione core inferiore al 3% entro la fine del primo trimestre e tagli globali a partire dal secondo. Di conseguenza, crediamo che il mercato stia scontando eccessivamente e che siano più probabili 3-4 tagli. Abbiamo ridotto sensibilmente il posizionamento lungo sulla duration e abbiamo iniziato a tagliare anche il rischio di credito, vendendo posizioni lunghe liquide e aggiungendo coperture. Vediamo il 2024 come un anno di allentamento e siamo complessivamente costruttivi sul credito. L’anno, tuttavia, sta iniziando dopo un forte rally e con valutazioni decisamente euforiche, e adottiamo quindi un approccio tattico nella distribuzione del rischio.
A fine dicembre, l’esposizione netta al credito è pari a 67%. L’esposizione liquida è pari a 98% e la protezione tramite CDS (su indici e singoli emittenti) ammonta a 30%. La duration dei tassi è di 2.2 anni, contro i 5.2 anni di fine ottobre.
Più in dettaglio:
Lo Yield to Call (YTC) complessivo del Fondo è pari a 9.0%, con rating medio BB+.
La duration è pari a 2.2 anni, sostanzialmente più bassa rispetto a fine ottobre. Siamo passati da posizioni lunghe a posizioni corte sui futures statunitensi ed europei in vista di una rivalutazione dei tassi globali e abbiamo ridotto le obbligazioni liquide a lungo termine, che hanno registrato ottime performance.
La nostra esposizione netta è pari a 67%. Abbiamo ridotto il 7% circa in posizioni lunghe liquide e aggiunto protezione tramite spread IG e HY statunitensi, spread HY europei e spread dei mercati emergenti.
L’esposizione netta ai finanziari (incluse posizioni corte liquide e CDS su singoli emittenti) rappresenta il 40% del portafoglio. AT1 e titoli finanziari subordinati sono stati strumenti chiave nel 2023 e alcune obbligazioni hanno riprezzato del 25% da marzo. La classe di attivi ha sovraperformato da ottobre e restiamo positivi, riducendo però alcuni dei vincitori.
L’esposizione netta corporate (incluse posizioni corte liquide e CDS su singoli emittenti) rappresenta il 35% del portafoglio. Ci concentriamo su obbligazioni con rendimenti dell’8-10% garantite da solidi pool di asset tangibili, con valutazioni fortemente scontate rispetto al valore sottostante o con operazioni di rifinanziamento imminenti. Nel complesso, nel nostro portafoglio liquido, la corporate rappresenta l’area con il beta di mercato più basso.
L’esposizione netta ai mercati emergenti (incluse posizioni corte liquide e CDS su singoli emittenti) rappresenta il 17% del portafoglio. I mercati emergenti hanno sovraperformato da ottobre e i mercati locali sono stati i principali vincitori nel 2023. Lo scorso anno, il rischio del portafoglio dei mercati emergenti è stato concentrato sui mercati locali, con rendimenti del 20-30% sulle obbligazioni. Restiamo positivi su alcuni grandi mercati locali (Brasile, Messico, Colombia) e abbiamo aumentato il rischio su crediti ad alto rendimento.
Strategia credito finanziario
L’ulteriore conferma dell’allentamento delle pressioni inflazionistiche nei dati macroeconomici, unita ad un’attenuazione della retorica delle banche centrali sulla necessità di mantenere condizioni finanziarie restrittive hanno alimentato un rally risk-on per molte classi di attivi a dicembre. Nel corso del mese, i principali indici azionari globali hanno guadagnato circa 4%, chiudendo l’anno in territorio saldamente positivo (con un rendimento totale del 10-30%), mentre i ritardatari, come le small cap statunitensi (+15%), hanno sovraperformato grazie al maggior respiro.
A sostenere il sentiment e lo slancio azionario è stata una stretta dei rendimenti lungo le principali curve dei tassi di 40-50pb. L’inclinazione delle curve è rimasta sostanzialmente invariata con la 2s10s ancora invertita a circa 40pb negli Stati Uniti, in Germania e nel Regno Unito. Le azioni bancarie europee sono salite del 2-3% a dicembre, portando i rendimenti totali da inizio anno a circa 30%, mentre sul credito finanziario gli spread si sono stretti di circa 20pb sui Senior, 40pb sui Tier 2 e 80pb sugli AT1. Questi rendimenti, a nostro avviso, rimangono interessanti su base assoluta nel panorama del reddito fisso.
A dicembre è proseguito il rafforzamento dei rating, con Deutsche Bank che ha visto i propri Tier 2 promossi ad Investment Grade da parte di tutte le agenzie. Altre entità finanziarie più piccole in tutta Europa hanno ricevuto valutazioni positive, grazie ai risultati del terzo trimestre che hanno confermato la solidità dei fondamentali in termini di qualità degli attivi, generazione di capitale e liquidità / accesso al mercato. Vale la pena sottolineare che nello spazio AT1 sono stati richiamati diversi titoli, poiché gli emittenti sono stati in grado di rifinanziarsi a livelli adeguati, una tendenza che ci aspettiamo continui nel prossimo anno.
Dopo un novembre molto attivo (EUR 55 mld), a dicembre le emissioni sono state contenute attestandosi a soli EUR 5 mld, con la maggior parte degli istituti europei che aveva già soddisfatto i propri fabbisogni e, in alcuni casi, prefinanziato parte del prossimo anno. Le emissioni complessive per il 2023 sono state del 5% circa più basse rispetto al 2022, con le Senior in calo dell’8% circa a EUR 410 mld, e quelle di capitale, sia in termini di Tier 2 che di AT1, in crescita del 10% circa a EUR 60 mld – un dato significativo nonostante gli sviluppi avversi della prima parte dell’anno.
Considerando le incertezze elettorali e geopolitiche attese per quest’anno, ci aspettiamo un gennaio molto attivo per gli emittenti, che cercheranno di anticipare i fabbisogni come a gennaio 2023, in cui sono stati emessi EUR 100 mld sul primario, ovvero poco più del 20% del totale dell’anno. Come sempre, siamo pronti a prendere parte alle operazioni più interessanti sotto il profilo rischio-rendimento per i nostri investitori.
Stategia azionario finanziario
Dicembre ha chiuso un anno estremamente volatile per i finanziari, che ha visto forti rialzi per molti istituti europei e giapponesi, fallimenti di grandi banche statunitensi, l’acquisizione di Credit Suisse e un drastico aumento (e poi calo) dei tassi di interesse negli Stati Uniti e in Europa. Tirando le somme sull’anno, l’indice MSCI AC Financials è salito del 16.4% in USD e del 12.7% in EUR. Persino le banche regionali statunitensi, che hanno toccato un calo di quasi 35%, sono rimaste pressoché invariate. In questo contesto, il Fondo ha generato forti rendimenti, con un incremento del 23.5% in USD e del 20.9% in EUR. Questo risultato fa seguito agli ottimi risultati ottenuti nei due anni precedenti, con una performance a 3 anni del +74.0% in EUR, rispetto al +46.2% del benchmark.
Il 2024 si prospetta un anno altrettanto volatile (anche se ci auguriamo di non dover rivivere le sorprese di febbraio/marzo già avute nel 2020, 2022 e 2023), con gli eventi geopolitici che saranno al centro della scena con elezioni chiave in tutto il mondo e con le banche centrali che tentano di mantenere la rotta per un atterraggio morbido dell’economia. Sebbene sia difficile prevedere cosa ci riservi l’anno appena iniziato, possiamo affermare con certezza che le banche europee stanno entrando nel 2024 in una forma migliore rispetto a qualsiasi altro momento degli ultimi 10 anni. È stato un decennio lungo e complicato per il settore, in cui le banche hanno generato rendimenti intorno al 5% sotto lo stress dei tassi negativi della BCE e sono state costrette a riversare questi miseri profitti nella ricostruzione dei propri bilanci. Oggi, invece, la redditività è aumentata fino a raggiungere un ROTE (rendimento del patrimonio netto tangibile) a due cifre, il capitale è in forte eccesso e viene distribuito a piene mani agli azionisti, e il tasso di disoccupazione dell’Eurozona è sceso dal 12% del 2014 al 6.5% di oggi. A che livello scambiava allora l’indice? Oltre 160. Oggi? 120. Se il settore trattasse oggi con lo stesso multiplo di 12x di dieci anni fa, l’indice sarebbe oggi a 220; se negoziasse invece al multiplo medio dell’ultimo (cupo) decennio di 9x, sarebbe a 165. In poche parole, al multiplo 6x di oggi il mercato si rifiuta di credere alla sostenibilità dell’attuale flusso di profitti e applica uno sconto massiccio sugli utili prospettici – che, tra l’altro, hanno almeno in parte già scontato gli impatti della normalizzazione del credito e della riduzione dei tassi d’interesse (si noti, ad esempio, che il consenso prevede già un calo del 10-20% del reddito netto da interessi fino al 2025 rispetto ai livelli del 3Q23 per le banche europee più sensibili ai tassi). Se questo sconto inizierà a ridursi, come crediamo, il rialzo del settore sarà consistente. Nel frattempo, i rendimenti da dividendo dell’8% e i buyback del 4-5% dovrebbero fornire un forte sostegno nonostante la volatilità. Naturalmente, come sempre nel settore finanziario europeo, la selezione dei titoli sarà fondamentale. Anche in un anno complessivamente buono per i bancari come il 2023, cinque titoli sono scesi e tra i migliori e i peggiori si è avuto un divario del 110%.
Le assicurazioni vita negli Stati Uniti hanno una storia simile a quella delle banche europee. Il gruppo ha sofferto a causa dei bassi tassi d’interesse nel periodo post-crisi finanziaria e le valutazioni sono scese dall’80% del multiplo di mercato prima della crisi al 40% attuale. Questo nonostante il fatto che i tassi d’interesse statunitensi a lungo termine, una variabile chiave per molti assicuratori vita statunitensi, siano tornati ai livelli del 2006 e i rendimenti monetari superino ora in modo significativo i rendimenti di portafoglio (il che significa che il reddito da spread continuerà ad aumentare anche se i tassi si mantengono ai livelli attuali). Anche le prospettive di crescita per gli assicuratori del ramo vita sono oggi decisamente più rosee rispetto all’epoca del QE, in quanto l’aumento dei tassi rende molti prodotti vita e risparmio più interessanti rispetto ai corrispondenti strumenti bancari: i team di gestione di società come Equitable e MetLife, infatti, hanno osservato che il contesto fondamentale per gli assicuratori del ramo vita è il migliore degli ultimi 15 anni (chiaramente non lo si direbbe guardando le valutazioni). Analogamente alle banche UE che hanno sistemato i loro bilanci durante gli anni di magra, gli assicuratori vita statunitensi hanno trasformato le loro attività e i loro bilanci per liberare capitale e massimizzare il flusso di cassa disponibile (FCF). Il risultato di ciò è che oggi le compagnie assicurative operano con rendimenti da FCF tra il 10% e il 15% e con multipli di PE ben inferiori a quelli delle banche, pur non essendo soggetti a nessuna delle incertezze normative, dei vincoli patrimoniali o delle pressioni sui finanziamenti che le banche devono affrontare ancora oggi negli Stati Uniti. Le assicurazioni stanno sfruttando al meglio questo flusso di cassa disponibile, restituendo enormi ammontari di capitale agli azionisti tramite riacquisti e dividendi, proprio come le banche europee. Con molti di questi titoli che trattano a sole 3-4 volte gli utili e data la liquidità e il capitale in eccesso presente nei bilanci, perché non riacquistare?
Al di fuori di questo settore, negli Stati Uniti restiamo tattici e concentrati su titoli che presentano driver idiosincratici, valutazioni convincenti e/o che sono posizionati per ottenere buoni risultati in una serie di scenari economici e di tassi d’interesse. Ad esempio, abbiamo in portafoglio Federated Hermes (FHI), il più grande gestore pure play di mercati monetari del Paese. Sebbene FHI abbia già beneficiato di forti afflussi di liquidità durante il ciclo di inasprimento della Fed, i dati dimostrano che questi rimangono significativi anche dopo la pausa della Fed. Inoltre, l’azienda dispone di un’importante business obbligazionario che può beneficiare di una rotazione degli investitori verso titoli a più lunga duration. Questi fattori sono sottovalutati dal mercato: a nostro avviso, il titolo è troppo economico e ci aspettiamo che il management diventi più aggressivo con un buyback. Inoltre, pur non rientrando nella nostra tesi, non è da escludere un’acquisizione di questa attività a premio. Per quanto riguarda le banche statunitensi, abbiamo ridotto la nostra esposizione complessiva, dato il loro forte rialzo verso la fine dell’anno e il miglioramento delle valutazioni. Pur essendoci molto ottimismo su una Fed accomodante e un atterraggio morbido dell’economia che potrebbero dare ulteriore slancio ai titoli bancari, restiamo selettivi in quanto i multipli hanno mostrato un forte rimbalzo, i costi di finanziamento rimangono sotto pressione e le stime di consenso sugli accantonamenti sembrano già scontare un contesto macro molto favorevole.
Strategia credito globale
Performance. A dicembre, il fondo Algebris Global Credit Opportunities ha reso tra 2.7% e 3.1% a seconda delle classi azionarie. A titolo comparativo, l’indice EUR HY (BAML HE00) ha chiuso a 2.9%, l’indice US HY (BAML H0A0) a 3.7% e il governativo dei mercati emergenti (BAML EMGB) a 5.0%. Nel corso del mese, la performance (in euro, al lordo delle commissioni) è stata trainata da: (i) Credito: 3.9%, di cui 4.22% da obbligazioni cash e -0.35% da CDS; (ii) Tassi: -10pb; (iii) Valute: 3pb; (iv) Azionario: -45pb; (v) Altro: 0pb.
Posizionamento corrente. La tendenza iniziata a novembre è proseguita anche a dicembre: le condizioni finanziarie hanno continuato ad allentarsi e gli spread globali si sono ridotti. La riunione della Fed è stata accomodante, con Powell che ha aperto la porta a tagli nel 2024 in modo più esplicito del previsto. Il nostro Fondo ha beneficiato di questa dinamica, grazie al rischio di credito e di tasso aggiunti a fine ottobre, ridotti solo marginalmente a novembre. Le nostre posizioni lunghe liquide sono state rivalutate al rialzo e le leggere protezioni hanno comportato una debolezza soltanto marginale sulle coperture macro. Abbiamo chiuso il 2023 con un rendimento netto in EUR dell’11-13% a seconda delle classi di azioni. Nel complesso, il nostro approccio flessibile ha permesso al Fondo di generare rendimenti positivi durante il più rapido riprezzamento dei tassi di interesse degli ultimi vent’anni.
A fine dicembre abbiamo iniziato a ridurre parte dell’esposizione che aveva trainato i rendimenti da ottobre. A fine mese, le principali curve dei rendimenti scontavano 6-7 tagli per il 2024; lato nostro, ci aspettiamo un’inflazione core inferiore al 3% entro la fine del primo trimestre e tagli globali a partire dal secondo. Di conseguenza, crediamo che il mercato stia scontando eccessivamente e che siano più probabili 3-4 tagli. Abbiamo ridotto sensibilmente il posizionamento lungo sulla duration e abbiamo iniziato a tagliare anche il rischio di credito, vendendo posizioni lunghe liquide e aggiungendo coperture. Vediamo il 2024 come un anno di allentamento e siamo complessivamente costruttivi sul credito. L’anno, tuttavia, sta iniziando dopo un forte rally e con valutazioni decisamente euforiche, e adottiamo quindi un approccio tattico nella distribuzione del rischio.
A fine dicembre, l’esposizione netta al credito è pari a 67%. L’esposizione liquida è pari a 98% e la protezione tramite CDS (su indici e singoli emittenti) ammonta a 30%. La duration dei tassi è di 2.2 anni, contro i 5.2 anni di fine ottobre.
Più in dettaglio:
Strategia credito finanziario
L’ulteriore conferma dell’allentamento delle pressioni inflazionistiche nei dati macroeconomici, unita ad un’attenuazione della retorica delle banche centrali sulla necessità di mantenere condizioni finanziarie restrittive hanno alimentato un rally risk-on per molte classi di attivi a dicembre. Nel corso del mese, i principali indici azionari globali hanno guadagnato circa 4%, chiudendo l’anno in territorio saldamente positivo (con un rendimento totale del 10-30%), mentre i ritardatari, come le small cap statunitensi (+15%), hanno sovraperformato grazie al maggior respiro.
A sostenere il sentiment e lo slancio azionario è stata una stretta dei rendimenti lungo le principali curve dei tassi di 40-50pb. L’inclinazione delle curve è rimasta sostanzialmente invariata con la 2s10s ancora invertita a circa 40pb negli Stati Uniti, in Germania e nel Regno Unito. Le azioni bancarie europee sono salite del 2-3% a dicembre, portando i rendimenti totali da inizio anno a circa 30%, mentre sul credito finanziario gli spread si sono stretti di circa 20pb sui Senior, 40pb sui Tier 2 e 80pb sugli AT1. Questi rendimenti, a nostro avviso, rimangono interessanti su base assoluta nel panorama del reddito fisso.
A dicembre è proseguito il rafforzamento dei rating, con Deutsche Bank che ha visto i propri Tier 2 promossi ad Investment Grade da parte di tutte le agenzie. Altre entità finanziarie più piccole in tutta Europa hanno ricevuto valutazioni positive, grazie ai risultati del terzo trimestre che hanno confermato la solidità dei fondamentali in termini di qualità degli attivi, generazione di capitale e liquidità / accesso al mercato. Vale la pena sottolineare che nello spazio AT1 sono stati richiamati diversi titoli, poiché gli emittenti sono stati in grado di rifinanziarsi a livelli adeguati, una tendenza che ci aspettiamo continui nel prossimo anno.
Dopo un novembre molto attivo (EUR 55 mld), a dicembre le emissioni sono state contenute attestandosi a soli EUR 5 mld, con la maggior parte degli istituti europei che aveva già soddisfatto i propri fabbisogni e, in alcuni casi, prefinanziato parte del prossimo anno. Le emissioni complessive per il 2023 sono state del 5% circa più basse rispetto al 2022, con le Senior in calo dell’8% circa a EUR 410 mld, e quelle di capitale, sia in termini di Tier 2 che di AT1, in crescita del 10% circa a EUR 60 mld – un dato significativo nonostante gli sviluppi avversi della prima parte dell’anno.
Considerando le incertezze elettorali e geopolitiche attese per quest’anno, ci aspettiamo un gennaio molto attivo per gli emittenti, che cercheranno di anticipare i fabbisogni come a gennaio 2023, in cui sono stati emessi EUR 100 mld sul primario, ovvero poco più del 20% del totale dell’anno. Come sempre, siamo pronti a prendere parte alle operazioni più interessanti sotto il profilo rischio-rendimento per i nostri investitori.
Stategia azionario finanziario
Dicembre ha chiuso un anno estremamente volatile per i finanziari, che ha visto forti rialzi per molti istituti europei e giapponesi, fallimenti di grandi banche statunitensi, l’acquisizione di Credit Suisse e un drastico aumento (e poi calo) dei tassi di interesse negli Stati Uniti e in Europa. Tirando le somme sull’anno, l’indice MSCI AC Financials è salito del 16.4% in USD e del 12.7% in EUR. Persino le banche regionali statunitensi, che hanno toccato un calo di quasi 35%, sono rimaste pressoché invariate. In questo contesto, il Fondo ha generato forti rendimenti, con un incremento del 23.5% in USD e del 20.9% in EUR. Questo risultato fa seguito agli ottimi risultati ottenuti nei due anni precedenti, con una performance a 3 anni del +74.0% in EUR, rispetto al +46.2% del benchmark.
Il 2024 si prospetta un anno altrettanto volatile (anche se ci auguriamo di non dover rivivere le sorprese di febbraio/marzo già avute nel 2020, 2022 e 2023), con gli eventi geopolitici che saranno al centro della scena con elezioni chiave in tutto il mondo e con le banche centrali che tentano di mantenere la rotta per un atterraggio morbido dell’economia. Sebbene sia difficile prevedere cosa ci riservi l’anno appena iniziato, possiamo affermare con certezza che le banche europee stanno entrando nel 2024 in una forma migliore rispetto a qualsiasi altro momento degli ultimi 10 anni. È stato un decennio lungo e complicato per il settore, in cui le banche hanno generato rendimenti intorno al 5% sotto lo stress dei tassi negativi della BCE e sono state costrette a riversare questi miseri profitti nella ricostruzione dei propri bilanci. Oggi, invece, la redditività è aumentata fino a raggiungere un ROTE (rendimento del patrimonio netto tangibile) a due cifre, il capitale è in forte eccesso e viene distribuito a piene mani agli azionisti, e il tasso di disoccupazione dell’Eurozona è sceso dal 12% del 2014 al 6.5% di oggi. A che livello scambiava allora l’indice? Oltre 160. Oggi? 120. Se il settore trattasse oggi con lo stesso multiplo di 12x di dieci anni fa, l’indice sarebbe oggi a 220; se negoziasse invece al multiplo medio dell’ultimo (cupo) decennio di 9x, sarebbe a 165. In poche parole, al multiplo 6x di oggi il mercato si rifiuta di credere alla sostenibilità dell’attuale flusso di profitti e applica uno sconto massiccio sugli utili prospettici – che, tra l’altro, hanno almeno in parte già scontato gli impatti della normalizzazione del credito e della riduzione dei tassi d’interesse (si noti, ad esempio, che il consenso prevede già un calo del 10-20% del reddito netto da interessi fino al 2025 rispetto ai livelli del 3Q23 per le banche europee più sensibili ai tassi). Se questo sconto inizierà a ridursi, come crediamo, il rialzo del settore sarà consistente. Nel frattempo, i rendimenti da dividendo dell’8% e i buyback del 4-5% dovrebbero fornire un forte sostegno nonostante la volatilità. Naturalmente, come sempre nel settore finanziario europeo, la selezione dei titoli sarà fondamentale. Anche in un anno complessivamente buono per i bancari come il 2023, cinque titoli sono scesi e tra i migliori e i peggiori si è avuto un divario del 110%.
Le assicurazioni vita negli Stati Uniti hanno una storia simile a quella delle banche europee. Il gruppo ha sofferto a causa dei bassi tassi d’interesse nel periodo post-crisi finanziaria e le valutazioni sono scese dall’80% del multiplo di mercato prima della crisi al 40% attuale. Questo nonostante il fatto che i tassi d’interesse statunitensi a lungo termine, una variabile chiave per molti assicuratori vita statunitensi, siano tornati ai livelli del 2006 e i rendimenti monetari superino ora in modo significativo i rendimenti di portafoglio (il che significa che il reddito da spread continuerà ad aumentare anche se i tassi si mantengono ai livelli attuali). Anche le prospettive di crescita per gli assicuratori del ramo vita sono oggi decisamente più rosee rispetto all’epoca del QE, in quanto l’aumento dei tassi rende molti prodotti vita e risparmio più interessanti rispetto ai corrispondenti strumenti bancari: i team di gestione di società come Equitable e MetLife, infatti, hanno osservato che il contesto fondamentale per gli assicuratori del ramo vita è il migliore degli ultimi 15 anni (chiaramente non lo si direbbe guardando le valutazioni). Analogamente alle banche UE che hanno sistemato i loro bilanci durante gli anni di magra, gli assicuratori vita statunitensi hanno trasformato le loro attività e i loro bilanci per liberare capitale e massimizzare il flusso di cassa disponibile (FCF). Il risultato di ciò è che oggi le compagnie assicurative operano con rendimenti da FCF tra il 10% e il 15% e con multipli di PE ben inferiori a quelli delle banche, pur non essendo soggetti a nessuna delle incertezze normative, dei vincoli patrimoniali o delle pressioni sui finanziamenti che le banche devono affrontare ancora oggi negli Stati Uniti. Le assicurazioni stanno sfruttando al meglio questo flusso di cassa disponibile, restituendo enormi ammontari di capitale agli azionisti tramite riacquisti e dividendi, proprio come le banche europee. Con molti di questi titoli che trattano a sole 3-4 volte gli utili e data la liquidità e il capitale in eccesso presente nei bilanci, perché non riacquistare?
Al di fuori di questo settore, negli Stati Uniti restiamo tattici e concentrati su titoli che presentano driver idiosincratici, valutazioni convincenti e/o che sono posizionati per ottenere buoni risultati in una serie di scenari economici e di tassi d’interesse. Ad esempio, abbiamo in portafoglio Federated Hermes (FHI), il più grande gestore pure play di mercati monetari del Paese. Sebbene FHI abbia già beneficiato di forti afflussi di liquidità durante il ciclo di inasprimento della Fed, i dati dimostrano che questi rimangono significativi anche dopo la pausa della Fed. Inoltre, l’azienda dispone di un’importante business obbligazionario che può beneficiare di una rotazione degli investitori verso titoli a più lunga duration. Questi fattori sono sottovalutati dal mercato: a nostro avviso, il titolo è troppo economico e ci aspettiamo che il management diventi più aggressivo con un buyback. Inoltre, pur non rientrando nella nostra tesi, non è da escludere un’acquisizione di questa attività a premio. Per quanto riguarda le banche statunitensi, abbiamo ridotto la nostra esposizione complessiva, dato il loro forte rialzo verso la fine dell’anno e il miglioramento delle valutazioni. Pur essendoci molto ottimismo su una Fed accomodante e un atterraggio morbido dell’economia che potrebbero dare ulteriore slancio ai titoli bancari, restiamo selettivi in quanto i multipli hanno mostrato un forte rimbalzo, i costi di finanziamento rimangono sotto pressione e le stime di consenso sugli accantonamenti sembrano già scontare un contesto macro molto favorevole.