GLOBAL CREDIT BULLETS | lunedì 5 luglio 2021

Dati USA – Forti ma non abbastanza.
I dati sulle nuove assunzioni nei settori non agricoli degli Stati Uniti di giugno sono stati relativamente forti, con 850.000 posti di lavoro aggiunti rispetto ai 720.000 previsti. La maggior parte dell’aumento proviene dal settore del tempo libero e da quello dell’ospitalità (sebbene il contributo del settore pubblico al dato uscito sia leggermente superiore rispetto al solito). I guadagni orari medi sono scesi leggermente nel corso del mese, ma la crescita annuale rimane solida al 3,6%. L’indagine ISM sui prezzi degli input statunitensi ha fortemente sorpreso al rialzo i consensi, registrando il record più alto degli ultimi dieci anni. Nel complesso, i dati statunitensi rimangono solidi, indicando una continua ripresa originata principalmente dalla riapertura di diversi settori e da alcuni segnali di aumento dell’inflazione. Tuttavia, questi dati forti non sembrano sufficienti per il mercato dei tassi. Dopo che la Fed ha minimizzato un’inflazione al 5% come transitoria, il mercato è tornato in modalità full carry, con tassi di negoziazione bid e asset a rendimento più elevato che vedono un aumento della domanda. I rendimenti dei titoli del Tesoro USA offrono ora un rendimento più basso di 10 punti base nell’ultimo mese, scendendo ulteriormente anche nel corso dell’ultima settimana, nonostante i dati forti. Gli strumenti carry, come il credito ad alto rendimento, così come il debito e le valute dei mercati emergenti, sono tornati in voga e i principali indici continuano a registrare nuovi afflussi. Riteniamo che i carry trade si stiano dirigendo verso un “ultimo ballo“. Durante l’estate, l’inflazione e i mercati del lavoro potrebbero portare segnali di forza più permanenti, spingendo la Fed verso una svolta da falco. Crediamo che la riunione di Jackson Hole alla fine di agosto possa essere una buona occasione per questa svolta.

Petrolio: pressioni sull’offerta e incertezze.
Venerdì scorso la riunione dell’OPEC+ si è conclusa senza una decisione. I principali player sono favorevoli a un piccolo aumento della produzione (fino a 0,5 milioni di barili al giorno), ma gli Emirati Arabi Uniti sono riusciti a bloccare un accordo tra le richieste di ricalcolo della quota. Di conseguenza, l’offerta di agosto è ora nel limbo, con la decisione finale rinviata a questa settimana. Se il blocco degli Emirati Arabi Uniti continuerà, la riunione potrebbe concludersi senza una decisione sull’aumento della produzione, che farebbe salire i prezzi del petrolio. Una disgregazione dell’OPEC sembra molto improbabile, ma avrebbe l’effetto opposto, in quanto scatenerebbe una guerra dei prezzi. Nel caso base (aumento di 0,5 milioni di barili al giorno a partire da agosto), la pressione sulle quotazioni del greggio rimarrebbe al rialzo, poiché l’OPEC non starebbe utilizzando a pieno i suoi poteri, mentre la ripresa economica continuerebbe a progredire. Una graduale riapertura potrebbe portare a una ripresa della domanda di petrolio di circa 5 milioni di barili al giorno nella seconda metà del 2021, quando invece l’OPEC+ opterebbe per dei graduali aumenti fino ad arrivare a 3-3,5 milioni di barili al giorno di offerta, anche a causa di un aumento molto contenuto della produzione iraniana. I futures sul Brent si aggirano ora intorno ai 75$ al barile, il livello più alto dell’anno passato ma ancora al di sotto del massimo degli ultimi 5 anni di 80$, a differenza della maggior parte degli asset rischiosi. Il greggio ha quindi ancora un po’ di spazio per salire ulteriormente e gode di condizioni tecniche favorevoli nei mercati delle materie prime. Consideriamo l’energia uno dei pochi settori in cui vediamo ancora del valore nei relativi asset e vediamo la congiuntura attuale come un’opportunità per acquisire esposizione su valute legate alle materie prime, crediti petroliferi e obbligazioni convertibili.

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