Occupazione USA – Di bene in meglio.
Il rapporto sull’occupazione USA di luglio ha riportato dati piuttosto positivi. Il report evidenzia un aumento di 943 mila nuovi posti di lavoro non agricoli (Non-Farm Payrolls, NFP), battendo il consensus di 870 mila unità. Buoni anche i risultati sulla crescita dei guadagni medi e disoccupazione, con un valore di guadagni medi che tocca il 4% anno su anno, in un rimbalzo molto forte rispetto ai minimi raggiunti a febbraio. Anche la composizione dei guadagni occupazionali manda segnali confortanti: i settori in riapertura hanno rappresentato un terzo dei guadagni, e la sottoccupazione tra le minoranze si è ridotta. Questo è il segnale di un forte aumento dei posti di lavoro a basso salario, e quindi di un certo progresso nella ripresa economica e di una maggiore pressione su salari e prezzi. L’economia statunitense ha ancora 5,7 milioni di posti di lavoro da assegnare per colmare il divario rispetto a febbraio 2020, di cui un terzo nei settori in riapertura. A questo ritmo di creazione di posti di lavoro, ci vorranno 1-2 rapporti sui posti di lavoro perché i mercati del lavoro inizino a sembrare a pieno regime. I report confermano la nostra opinione che la Fed dovrà presto assumere un atteggiamento decisamente più aggressivo.
Tassi – Ritorno ai minimi.
Nonostante il forte segnale proveniente dall’economia, i tassi sono tornati ai livelli di stagnazione. I tassi europei sono a soli 10 pb dai minimi del 2020, con i BTP a 55 pb, Spagna e Portogallo vicini allo 0 e i bund negativi di 50 pb. I Treasuries sono un po’ più alti in termini nominali, ma a 50 pb dai massimi di marzo e decisamente negativi in termini reali. In effetti, i rendimenti reali statunitensi non sono mai stati così bassi se comparati con l’inflazione attesa. Un’interpretazione puramente economica della stretta suggerirebbe che il mercato obbligazionario sta valutando un rallentamento nella seconda metà del 2021. Questo è in contrasto con i segnali che riceviamo altrove. Gli indici ISM e PMI globali rimangono a livelli espansivi, i dati sull’occupazione negli Stati Uniti rimangono forti, i dati della Cina sono meno preoccupanti dei timori e i mercati azionari ciclici sono diventati più traballanti ma sono lontani dal prezzare una stagnazione. In effetti crediamo che alla base della stretta ci siano più i fattori di flusso, come il forte eccesso di risparmio negli Stati Uniti e la scarsa offerta estiva, che non i fattori economici. I livelli attuali della parte lunga della curva sembrano diventare troppo bassi anche per la Fed, nonostante il recente tono accomodante. In un’intervista di questa settimana, il vicegovernatore della Fed Richard Clarida ha parlato di rendimenti statunitensi troppo bassi e ha accennato a un potenziale annuncio di tapering. Con la Cina e la variante delta che diventano una minaccia sempre meno significativa per la ripresa globale, vediamo una probabile svolta dei tassi nei prossimi 1-2 mesi. Continuiamo a rimanere cauti sui carry trade e cerchiamo opportunità per aggiungere protezione sui tassi globali.
Covid – La variante delta muove verso est.
In Cina, l’attenzione si è spostata dalla politica economica del governo alla variante delta. La stampa locale riporta chiusure multiple in 50 città del Paese, e Wuhan ha ripreso i test di massa. La ripresa dei casi in Cina ha aggiunto qualche preoccupazione nei mercati, soprattutto dopo l’incertezza sulla crescita e sulla politica che ha caratterizzato le ultime settimane. Mentre le informazioni che riceviamo sono di per sè non del tutto chiare, manteniamo una visione ampiamente costruttiva. In primo luogo, le vaccinazioni hanno accelerato a livello locale, anche se il livello rimane basso, e l’efficacia del Sinovac è relativamente alta contro i casi gravi. In secondo luogo, sia i dati sulle esportazioni che quelli sull’occupazione del secondo trimestre hanno sorpreso al rialzo, suggerendo che le preoccupazioni degli investitori sul “rallentamento” in corso sono fuori luogo. Infine, le autorità cinesi hanno mostrato un atteggiamento molto cauto anche durante la prima ondata, quindi è meno probabile che la situazione si aggravi rispetto agli Stati Uniti o all’Europa. Restiamo relativamente positivi sulla ripresa globale. Continuiamo a pensare che la maggior parte delle incertezze provenienti dalla Cina deriveranno dalla politica piuttosto che dal Covid.
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