F come Fed, F come Falco – Implicazioni per le banche
La riunione del FOMC della scorsa settimana ha svelato una Fed sempre più hawkish: attitudine avvalorata, durante la conferenza stampa, dalla mancata esclusione del presidente Powell di toccare i tassi ad ogni riunione successiva di quest’anno. I mercati azionari non hanno ben reagito, in particolare i segmenti growth più speculativi. Continuiamo a credere che i titoli bancari forniscano una buona copertura contro l’aumento dei tassi d’interesse. Il rischio principale che vediamo da una Fed eccessivamente aggressiva è che il tightening comporti un rallentamento della crescita economica e un appiattimento della curva dei rendimenti. Questo contesto potrebbe esercitare pressioni sui mercati del credito e azionari. Tuttavia, notiamo come questo ciclo presenti una forte somiglianza con quello del 1999-2000, quando la Fed attuando la stretta monetaria rese barcollanti le azioni tech e growth, le curve sempre più piatte e rallentò una crescita alta. In quel contesto, le banche sono state molto performanti sia su base assoluta che relativa, quelle statunitensi a +33% e quelle europee a +15% nei 18 mesi successivi al picco del boom tecnologico, un periodo durante il quale il Nasdaq scese del 64%. Riteniamo che le banche siano ben posizionate per continuare a sovraperformare in questo ciclo, con l’attitudine da falco delle banche centrali che rappresenta da un lato un problema per molti settori, dall’altro un vento di coda per la crescita delle banche di maggiore qualità.
Banche statunitensi – Tra guadagni in miglioramento e sfide legati ai costi
Le banche statunitensi hanno recentemente concluso la rendicontazione degli utili del quarto trimestre. I titoli hanno performato in modo eccellente in vista dei guadagni, salendo di oltre il 9% nella prima settimana dell’anno contro un calo del 2% dell’S&P 500 nello stesso periodo, mentre il rendimento a 10 anni è salito di 25 punti base e un ciclo di rialzi più veloce da parte della Fed è stato prezzato. Una volta che i guadagni hanno colpito, il sentiment si è indebolito. Mentre le banche hanno guidato la crescita dei finanziamenti (in aumento del 10% rispetto a un trimestre fa) e dei margini d’interesse netti, le preoccupazioni circa l’impatto negativo di spese più alte e utili da commissioni minori hanno catturato l’attenzione degli investitori. Tra le grandi banche, J.P. Morgan, in tema di spese particolarmente elevate per il 2022, rappresenta un buon esempio, mentre i mercati dei capitali e delle banche ipotecarie sembrano normalizzarsi dai primi picchi del 2021. Gli analisti sell-side hanno rivisto le stime delle spese operative per il 2022 incrementandole intorno ad una media del 2% per l’industria, con una revisione netta di -1% dei ricavi netti pre-provisionali. Tutto sommato, non si tratta di un cambiamento significativo per le stime future, ma l’euforia pre utili ha iniziato a scemare. Continuiamo a scandagliare il mercato alla ricerca di titoli che offrano un buono sconto rispetto alla capacità di generare utili e alla sensibilità ai tassi di interesse.
UBS – Trimestre da urlo e nuovo piano aziendale
Questa settimana, UBS ha riportato i guadagni del quarto trimestre del 2021. I profitti hanno superato del 25% le aspettative, con miglioramenti sia nei ricavi che nei costi, e più in generale all’interno di ogni segmento operativo dell’istituto. La banca d’investimento continua a fornire ricavi forti, pur mantenendo una disciplina dei costi che è stata ben accolta dopo alcune preoccupazioni emerse negli Stati Uniti. Probabilmente la cosa più importante è che UBS ha fornito aspettative ben superiori al consensus sul ritorno di capitale – dichiarando un dividendo di $0.50 rispetto alle aspettative di $0.39, e un buyback per il 2022 di $5.0 miliardi rispetto alle aspettative di $3.2 miliardi. Congiuntamente, ciò implica un rendimento totale del 10% per UBS anche dopo il rally dell’8% post risultati. Inoltre, è stato presentato un nuovo business plan fino al 2024 che evidenzia una crescita annuale dei profitti del 10-15% nel segmento Global Wealth Management (rispetto al consensus del 5%), e un obiettivo di ROTE (Return on Tangible Equity) del 13-16% rispetto al consensus del 13%, che alimenta il miglioramento del rendimento del 10% contro le stime sulla forza dei guadagni a lungo termine. Crediamo che tali obiettivi siano ragionevoli, in particolare alla luce delle iniziative di taglio dei costi lordi annunciate da UBS. Il risparmio generato da questa operazione contribuirà a compensare l’inflazione dei costi che le aziende si trovano ora ad affrontare a livello globale, consentendo alla leva operativa di fornire il ROTE più elevato previsto. Con azioni negoziate a 1,26 volte il valore contabile tangibile dopo il rally post-earnings, UBS è un esempio di valore delle banche europee oggi.
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