Energia europea – Timori di un blocco.
I timori del mercato per una potenziale interruzione degli approvvigionamenti dell’energia russa si sono intensificati nell’ultima settimana. Il gasdotto NordStream 1, la più grande infrastruttura europea per l’importazione di gas, sarà chiuso per manutenzione a partire da oggi e dovrebbe tornare in funzione il 21 luglio. Dato il recente calo dei flussi energetici e la situazione di stallo in Ucraina, i mercati temono che la Russia non permetta il ritorno del gas in Europa al termine del periodo di manutenzione, aggravando ulteriormente la crisi energetica europea. Il ministro dell’economia tedesco Habeck ha reso pubbliche tali preoccupazioni questa settimana, aumentando l’incertezza. Complessivamente, l’Europa importa il 40% del gas naturale dalla Russia, la maggior parte del quale attraverso il gasdotto NS1. I flussi di gas verso l’Europa sono diminuiti in modo sostanziale negli ultimi mesi, poiché il rapido aumento dei prezzi consente alla Russia di ridurre le forniture come ripercussione politica senza danneggiare le entrate. I flussi attuali diretti verso l’Europa sono pari al 60% dei livelli prebellici, dopo essere stati prossimi al 90% nelle prime settimane successive all’invasione. La Germania e l’Italia sono le più esposte al rischio di uno shutdown, in quanto importano la quota più elevata di flussi e detengono la percentuale più bassa di stoccaggio in Europa. I flussi verso la Germania sono attualmente appena sufficienti per affrontare i mesi invernali. Una sorpresa negativa la prossima settimana, quindi, significherebbe un razionamento e una conseguente intensificazione del rallentamento già in corso. A nostro avviso, i mercati stanno già scontando le discrete possibilità che tale scenario si concretizzi. I CDS (Credit Default Swap) europei sono vicini ai massimi, in linea con i livelli di recessione e hanno penalizzato gli Stati Uniti, in particolare nelle ultime settimane. I settori dei prodotti chimici e dei materiali hanno di recente sottoperformato sia sul versante azionario che su quello obbligazionario. I futures sul gas europeo sono quasi raddoppiati nell’ultimo mese e si stanno rapidamente avvicinando ai livelli visti subito dopo l’invasione dell’Ucraina. Il rischio principale per i mercati europei rimane quello di un’interruzione delle forniture energetiche, ma le valutazioni stanno prezzando buone probabilità che l’evento si verifichi, aprendo la strada a un certo sollievo in caso di un esito più positivo.
Mercati valutari – Il ritorno del re dollaro.
Nelle ultime settimane si è assistito a un massiccio rally del dollaro USA, ora vicino ai massimi da 20 anni. Il cambio EUR/USD sta flirtando con la parità e il DXY (US Dollar Index) è aumentato del 20% rispetto al gennaio 2021 ed è solo il 10% inferiore rispetto ai massimi raggiunti nei primi anni 2000. Una parte di tale performance è dovuta alla divergenza di politica monetaria, in quanto la Fed aumenterà i tassi molto più rapidamente della BCE. La differenza tra gli swap a 2 anni su USD ed EUR è ora vicina al 2%, contro lo 0,5% di un anno fa. Tuttavia, il dollaro si sta apprezzando fortemente anche in termini reali, evidenziando i forti timori del mercato sulla questione del gas in Europa. Gli attuali livelli del DXY potranno essere mantenuti solo se il recente deterioramento della bilancia commerciale tedesca indotto dal gas si rivelerà persistente. In uno scenario di normalizzazione, tuttavia, le partite correnti relative sono a favore dell’Europa, per cui è difficile che perdurino livelli inferiori alla parità dell’EUR/USD. Anche il contesto di risk off sta contribuendo, come evidenziato dai flussi dei fondi che mostrano una corsa al dollaro, un recente ribilanciamento tra asset europei e dei mercati emergenti verso gli Stati Uniti. Le valute dei mercati emergenti hanno iniziato a soffrire questa settimana per il movimento del dollaro, dopo aver tenuto bene quest’anno a fronte di un forte calo del mercato obbligazionario. Nel complesso, riconosciamo che il momentum di un dollaro più forte potrebbe continuare ancora per un po’ e la parità potrebbe anche essere rapidamente oltrepassata. In tal caso, cercheremmo di schierarci dall’altra parte, in quanto le valutazioni e il posizionamento suggeriscono spazio per una rimonta dell’euro nei prossimi sei mesi e un’asimmetria positiva alle notizie sul gas, visto tutto il pessimismo riflesso nei prezzi.
Banche centrali – Mal d’estate.
Luglio sarà un mese importante per le banche centrali, con la riunione della BCE il 21 luglio e quella della Fed il 26 luglio. Entrambe le banche centrali hanno delineato chiaramente il percorso dei rialzi del 2022 a giugno, motivo per cui i mercati si concentreranno sulla comunicazione relativa al 2023. La Fed probabilmente aumenterà di 75 pb e l’attenzione si concentrerà sul tono da essa utilizzato. La curva statunitense sta attualmente prezzando alcuni tagli dei tassi nel 2023, in quanto i mercati hanno iniziato a preoccuparsi della recessione. Il primo taglio è previsto già nel 1° trimestre del 2023. Riteniamo che il mercato possa essere sorpreso da un tono più hawkish. Il dato sui posti di lavoro della scorsa settimana conferma la solidità dei mercati del lavoro statunitensi e il dato sull’inflazione di giugno, la prossima settimana, non dovrebbe mostrare segni di cedimento. I guadagni e i consumi hanno mostrato qualche segno di indebolimento, ma rimangono in territorio espansivo, rendendo più difficile per la Fed giustificare una svolta dovish con valori dell’inflazione high single digit. Qualsiasi svolta dovish è, con ogni probabilità, rimandata a settembre, quando l’inflazione dal lato dell’offerta sarà scesa in modo più significativo. La BCE effettuerà un rialzo di 25 pb e si orienterà verso movimenti più marcati a settembre. La curva sta prezzando rialzi dei tassi per i prossimi due anni, ma il momento in cui verrà raggiunto il tasso terminale del 2% è stato recentemente posticipato dai mercati, a causa dei timori di una recessione. La debolezza dell’euro e la dinamica sostenuta dell’inflazione a giugno suggeriscono che la BCE dovrà seguire la Fed e mantenere un atteggiamento di contrasto dell’inflazione, rimandando ogni atteggiamento da colomba alla fine dell’anno. Per concludere, è improbabile che la comunicazione sullo strumento anti-frammentazione dell’Eurozona fornisca ulteriori dettagli.
Algebris Investments’ Global Credit Team
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