Inflazione USA – Nessun picco in vista.
L’Indice dei Prezzi al Consumo (CPI) statunitense di gennaio del 7,5% su base annua ha raggiunto nuovi massimi. La componente energetica pesa ancora in modo rilevante, ma in questo momento non rappresenta né l’unico né il principale driver dell’inflazione. L’inflazione degli affitti rimane elevata, e la pressione sui veicoli usati e sui servizi non diminuisce. La pressione rimane quindi elevata, con il CPI ex prodotti alimentari ed energetici che registra un aumento del 6% su base annua. La fine delle restrizioni Covid probabilmente aiuterà a rilassare le pressioni inflazionistiche in primavera, ma è ora chiaro che il picco dell’inflazione non è vicino come la Fed si aspettava in precedenza. Le preoccupazioni per l’inflazione stanno aumentando drammaticamente all’interno dello spettro politico statunitense, e una forte reazione da parte della Fed sarebbe adesso giustificata. Una riunione di emergenza per aumentare i tassi non è verosimile nell’immediato, ma 5-6 aumenti quest’anno sono ora probabili. I tassi statunitensi hanno accelerato la loro risalita questa settimana, con il front-end in movimento di 20 pb mercoledì, il movimento giornaliero più in alto degli ultimi due anni. Le aspettative di mercato sui rialzi sono ora appropriate, ma la parte lunga delle curve e il mercato del credito delle economie sviluppate potrebbero soffrire di più, soprattutto in un ambiente caratterizzato da elevata volatilità dei tassi e un’ampia assenza di deflussi (finora). Riteniamo pertanto che il rischio di duration debba ancora essere coperto a livello globale e che gli spread di credito non siano ancora attraenti. Un dato sull’inflazione più alto del previsto a febbraio, appena prima della riunione della Fed di marzo, scatenerebbe una nuova ondata di timori sui tassi.
Spread periferici – Ritorno alle vecchie abitudini.
La recente svolta hawkish della BCE ha innescato una nuova pressione sugli spread periferici, dopo quasi due anni di bassa volatilità. A febbraio, i rendimenti del debito italiano e greco sono aumentati di 70 pb, contro i 50 pb di Spagna e Portogallo, e i soli 30 pb della Germania. Sta quindi emergendo una correlazione tra i livelli di debito e i movimenti dei rendimenti, dopo che il QE ha interrotto questa relazione intevenendo durante la pandemia. Crediamo che la correlazione continuerà a rafforzarsi nei prossimi mesi, con una pressione sugli spread periferici destinata a intensificarsi. Quando la BCE uscirà dal quantitative easing, l’onere di assorbire le abbondanti emissioni di debito pubblico tornerà agli investitori. Di conseguenza, i Paesi con un deficit più elevato subiranno una maggiore pressione, e la sensibilità verso la politica locale e le notizie sulla politica fiscale aumenterà. Gli spread periferici sono ancora 200 pb al di sotto dei massimi del 2018, e più di 300 pb ai livelli prevalenti di inflazione. Inoltre, l’Italia aspetta delle importanti elezioni nel 2023, probabilmente quando il livello dei tassi di interesse nell’Area Euro sarà molto più alto di quello attuale. Restiamo cauti sul debito pubblico dell’Area Euro, considerandolo una delle potenziali “linee di faglia” nel nuovo mondo post-QE connotato da alta inflazione.
Russia-Ucraina – Si avvicina il momento cruciale.
Il momento cruciale per la crisi tra Russia ed Ucraina si sta probabilmente avvicinando. La scorsa settimana, in una serie di conferenze stampa, i funzionari statunitensi hanno avvertito che il momento di una vera invasione russa dell’Ucraina potrebbe essere vicino. Gli avvertimenti sono stati seguiti da una serie di colloqui tra i leader mondiali durante il fine settimana, compresa una telefonata tra il presidente degli Stati Uniti Biden e il presidente russo Putin. I prossimi dieci giorni saranno probabilmente cruciali, poiché le Olimpiadi invernali si concluderanno il 20 febbraio e le esercitazioni militari russe in Bielorussia termineranno la stessa settimana. Qualsiasi decisione militare importante sarà probabilmente presa in questo periodo di tempo, soprattutto perché la situazione in Ucraina orientale peggiorerà significativamente a partire da metà marzo. In termini di prezzi degli asset, la principale conseguenza di un’invasione sarebbe un forte aumento dei prezzi del petrolio e dell’energia, in quanto le conseguenti sanzioni alla Russia renderebbero più difficile l’accesso globale all’energia. L’impatto di una crisi potrebbe, in ultima analisi, dimostrarsi inflazionistico, con una maggiore pressione a medio termine sui tassi (dopo una potenziale stretta iniziale dei tassi su un ampio movimento di risk off). I mercati azionari e gli asset a maggior rischio inizialmente si svaluterebbero, ma potrebbe essere un movimento di breve durata, dato che le importazioni statunitensi dalla Russia sono ormai vicine allo zero e le esportazioni russe verso la Cina non saranno colpite. Le prospettive per la crescita globale potrebbero quindi non cambiare molto, anche in presenza di tensioni prolungate. Il debito e le azioni dei mercati emergenti sarebbero sottoperformanti, data la presenza di Russia ed Ucraina negli indici e gli effetti di contagio su altri mercati.
Alberto Gallo – Portfolio Manager Global Credit Opportunities Fund
Gabriele Foà – Portfolio Manager Global Credit Opportunities Fund
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