Tassi USA – Falchi in volo.
Negli USA, la situazione dei tassi diventa sempre più aggressiva. Mercoledì, l’Indice dei prezzi al consumo (CPI) di dicembre ha mostrato un aumento del 7% su base annua, raggiungendo nuovi massimi pluriennali. Con dei prezzi dell’energia più stabili a dicembre, beni e servizi principali sono diventati il primo driver dell’indice (anche se il business delle auto usate ricopre ancora un ruolo importante). Un elevato livello di tali core drivers comporta ed indica delle dinamiche inflazionistiche più persistenti, segnando un altro punto contro il partito della “transitorietà”. Dal lato della Fed, i falchi si liberano in volo anche in commenti sempre più bellicosi. Nella testimonianza della scorsa settimana di fronte al Senato, il presidente della Fed ha ribadito la disponibilità per quest’anno a un rialzo, se l’inflazione lo dovesse garantire, ed ha puntato alla riduzione del bilancio, una volta completato il tapering. Da allora, molti funzionari hanno rilasciato dichiarazioni sul numero di rialzi: diversi membri hanno indicato la possibilità di ben quattro rialzi, con un ciclo che inizierebbe già a marzo. I dati sull’inflazione rimangono forti (come lo sono stati a partire dall’estate), ma la Fed si è finalmente adattata alla nuova realtà. I tassi a breve stanno prezzando correttamente i rialzi, tuttavia, i rendimenti reali rimangono in un territorio saldamente negativo e la curva degli Stati Uniti rimane piatta, suggerendo che il mercato stia prezzando un “ritorno alla normalità” una volta che i rialzi del 2022 saranno conclusi. Pertanto, vediamo possibilità di un aggiustamento nel mercato dei tassi, seguito da una conseguente maggiore volatilità nell’azionario globale e nel credito.
Mercati obbligazionari – Spostamenti tettonici.
Di conseguenza, l’andamento dei prezzi nei mercati obbligazionari è stato negativo. I mercati emergenti rimangono gli underperformer tuttavia, in ritardo rispetto alla seconda metà dello scorso anno, bisogna riconoscere una certa debolezza che si inizia a manifestare anche in aree più resilienti, come l’high yield statunitense o i finanziari subordinati. I deflussi obbligazionari e la riduzione degli acquisti delle banche centrali diverranno probabilmente imponenti venti contrari per i mercati obbligazionari nel 2022. Inoltre, le esigenze di emissione e finanziamento saranno simili al 2021 ma affiancati da una domanda inferiore, peggiorando il quadro tecnico. Una ricca macro-agenda nelle prossime settimane, che comprende le riunioni della Fed e della BCE e una forte attenzione verso i dati della Cina, potrebbe manifestarsi come un’ulteriore causa scatenante delle debolezze nel mondo delle obbligazioni. Noi continuiamo a sperare in miglioramenti di qualità tra i crediti ciclici front-end, i settori in riapertura e un debito convertibile selezionato. Inoltre, macro e tecnica suggeriscono che nel 2022 il vento soffierà ancora contro gli investitori obbligazionari, quindi un approccio selettivo e attivo a lungo termine, insieme ad una forte capacità di copertura saranno i differenziatori chiave di performance nel mercato.
NATO-Russia: vento gelido ad est.
Questa settimana, la Russia e la NATO hanno tenuto i colloqui sulla sicurezza alla luce della crisi ucraina. Questi si sono dimostrati essere per lo più inconcludenti, poiché gli obiettivi delle due parti sono ancora lontani. Da un lato la Russia chiede un veto esplicito sull’adesione alla NATO tra i membri dell’Europa orientale, dall’altro gli Stati Uniti e la NATO non sono chiaramente pronti a concederlo. Giovedì, le dichiarazioni pubbliche delle due parti si sono addirittura inasprite. Il Ministro degli Esteri russo ha suggerito la sospensione dei colloqui e la sua controparte statunitense ha risposto precisando che le richieste della Russia non possono essere soddisfatte. Una distanza ancora più esplicita tra le due parti aumenta i rischi di un’escalation della situazione, con una probabile risposta statunitense che potrebbe includere sanzioni economiche. I mercati hanno risposto valutando le possibilità concrete di un’azione militare, accompagnate da un forte picco nei risk premia dell’Ucraina e dal rublo russo che scende ai minimi nonostante i forti prezzi del petrolio. Dopo l’escalation, i rischi di un incidente militare sarebbero molto alti.
Vi è un lato positivo: la Russia deve ancora prendere visione della bozza della NATO riguardo la proposta di sicurezza, prevista per la prossima settimana, in seguito si potrebbe riprendere con i colloqui. Come risultato dell’evento il rischio coda geopolitico è sicuramente aumentato, ma i premi al rischio dei mercati sono aumentati molto velocemente, lasciando spazio a sorprese positive qualora i colloqui dovessero riprendere.
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