Ucraina – Tensioni vs Diplomazia.
Le tensioni in Ucraina orientale continuano a crescere. Durante il fine settimana si sono verificate molteplici violazioni del “cessate il fuoco” nella zona del Donbass, e gli abitanti della regione hanno iniziato ad evacuare verso la Russia. Il Cremlino ha reagito ritardando il ritiro delle truppe dalla Bielorussia, lasciando di fatto una situazione di accresciuta tensione al confine. Il Consiglio della Federazione si riunirà martedì per delineare una risposta alle tensioni del fine settimana. A questo punto, un’annessione o occupazione di parte dell’Ucraina orientale rappresenta una chiara possibilità. Le recenti tensioni nella regione potrebbero delineare la causa scatenante dell’intervento russo e il Cremlino darebbe un segnale all’Occidente, data la mancanza di consenso sull’accordo sulla sicurezza nella regione. Allo stesso tempo, gli europei occidentali stanno intensificando gli sforzi per una soluzione diplomatica. Giovedì, i ministri degli esteri russo e statunitense si incontreranno di nuovo. Putin e Macron si sono incontrati domenica, e gli Stati Uniti propongono un incontro tra Putin e Biden. Nel complesso, la situazione rimane molto fluida e ha probabilmente raggiunto il momento di maggiore tensione da novembre (finora). Una parziale occupazione dell’Ucraina orientale, innescando alcune sanzioni verso la Russia (anche se non le peggiori), sembra ora lo scenario più probabile.
Tensione a est – Decisamente inflattiva.
Il principale impatto di mercato delle recenti tensioni in Ucraina che si trasformeranno in una vera e propria guerra sfocerà verso i prezzi delle materie prime. Lo scenario peggiore costringerebbe gli Stati Uniti e l’Europa a imporre forti sanzioni alla Russia, comprimendo ulteriormente l’offerta di materie prime. L’impatto finale sarebbe un ulteriore picco nel prezzo del gas naturale e del petrolio. Negli Stati Uniti e in Europa, un ulteriore aumento dei prezzi del 20% potrebbe aggiungere circa 1 punto percentuale all’inflazione. L’inflazione energetica danneggerebbe le aspettative e la spesa dei consumatori, soprattutto in Europa. Un conflitto comporterebbe quindi una maggiore volatilità nell’azionario e nel credito europeo, poiché i mercati valutano prezzi delle materie prime più elevati e la riduzione delle importazioni della Russia. Poiché non importano nulla dalla Russia, è probabile che gli Stati Uniti non siano molto colpiti, stessa cosa per la Cina, in quanto, le esportazioni verso questa non ne risentiranno. I tassi sono aumentati con la crescita delle tensioni, in mezzo al risk-off. Tuttavia, è probabile che l’inflazione salga e che le banche centrali mondiali non modifichino la loro reazione, soprattutto la Fed. Di conseguenza, l’impatto finale sulle curve sarà di allargamento. Ciò è particolarmente vero in Europa, dove il re-pricing dell’inflazione ha più margini di manovra.
Alberto Gallo – Portfolio Manager Global Credit Opportunities Fund
Gabriele Foà – Portfolio Manager Global Credit Opportunities Fund
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