Indebolimento della posizione russa nella guerra in Ucraina
Le forze russe si sono ritirate da Kherson poco più di una settimana fa, privando Putin dell’unico capoluogo di regione conquistato durante i nove mesi di invasione. Il ritiro sul lato orientale del fiume Dnepr ha segnato un’inversione di tendenza rispetto al più notevole avanzamento militare della Russia dall’inizio della guerra. Sembra che la Russia stia lottando per guadagnare terreno anche su altri fronti dell’Ucraina. I combattimenti continuano a Donetsk, dove le forze russe tentano di avanzare verso Bakhmut e Siversk, ma l’Ucraina sembra aver respinto con successo gli ultimi attacchi. L’attuale spinta russa verso Bakhmut ha fatto seguito a una grave sconfitta nella zona orientale a settembre, quando le unità russe sono state costrette a retrocedere nella regione di Kharkiv.
Nel complesso, con l’ultima perdita della strategica regione di Kherson, la Russia è chiaramente in una posizione più debole. La percezione generale è che se dovessero esserci negoziati nel breve termine, questi avverrebbero partendo da una posizione di forza in favore di Kiev.
Inoltre, la posizione indebolita della Russia e il suo isolamento internazionale sono stati ulteriormente consolidati dopo il vertice del G20 della scorsa settimana, con il rilascio di una dichiarazione congiunta di 17 pagine che condanna la guerra della Russia in Ucraina. La scorsa settimana si sono svolti anche i colloqui tra il direttore della CIA William Burns e il suo omologo Sergei Naryshkin in Turchia. Si tratta dell’incontro pubblico di più alto livello tra funzionari dall’invasione della Russia in Ucraina. Sebbene sia stato chiarito che non si trattava di negoziati per cercare di porre fine alla guerra, ma piuttosto di discutere le conseguenze dell’uso di armi nucleari da parte della Russia, riteniamo che questo sia uno sviluppo positivo nelle comunicazioni tra Russia e Stati Uniti. Ciò è stato ulteriormente dimostrato dai titoli del viceministro degli Esteri Sergei Ryabkov della scorsa settimana, secondo cui Mosca è aperta a ulteriori colloqui con gli Stati Uniti sulla “stabilità strategica”, un termine utilizzato per ridurre il rischio di una guerra nucleare.
Stati Uniti – Dati incoraggianti
L’indice dei prezzi alla produzione (IPP) statunitense è rallentato a ottobre per il secondo mese consecutivo, confermando i segnali di una possibile riduzione delle pressioni inflazionistiche. La variazione annuale sull’IPP si è attestata all’8%, in calo rispetto all’8,4% di settembre. L’IPP core è rallentato al 6,7%, in calo rispetto al 7,1% di settembre.
Il rapporto di ottobre riflette un rallentamento diffuso nei rialzi dei prezzi dei beni prodotti, con cali per le autovetture e per i mobili per la casa. Il calo maggiore è stato registrato dalla componente dei servizi commerciali, che misura i margini lordi di grossisti e rivenditori e costituisce quasi un quarto dell’indice core. I servizi commerciali sono scesi dello 0,5%, registrando il secondo calo consecutivo e la maggiore flessione dal dicembre 2020. Il tasso annuale è sceso all’11,1% dal 12,3% di settembre, segnalando un forte calo nei margini dei fornitori.
Considerati i due recenti interventi della Vicepresidente della Fed Brainard, in cui è stata evidenziata la potenziale possibilità di una compressione dei margini per ridurre l’inflazione, questo rapporto è risultato di una certa rilevanza.
Altri dati pubblicati la scorsa settimana sono stati quelli relativi alle vendite al dettaglio, che si sono rivelati più forti del previsto. Le vendite al dettaglio di ottobre sono aumentate dell’1,3%, rispetto allo 0% di settembre. Le vendite al netto delle auto sono aumentate dell’1,3%, dallo 0,1% di settembre. Il dato è stato favorito da un aumento dell’1,5% delle vendite di auto e da un aumento del 4,1% delle vendite dei distributori di benzina. Quest’ultimo è in gran parte dovuto all’aumento dei prezzi nel mese di ottobre, ed è improbabile che possa dare un ulteriore impulso alle vendite al dettaglio nel mese di novembre. Nel complesso, i consumi reali sono sulla buona strada per un quarto trimestre decente. Finché le persone saranno disposte ad accumulare i risparmi in eccesso a fronte dell’aumento dei costi di finanziamento e dell’incertezza sulle prospettive economiche, i consumi rimarranno ragionevolmente forti anche nel prossimo anno.
Sebbene i dati statunitensi della scorsa settimana siano stati incoraggianti, i commenti di Bullard, presidente della Fed di St Louis, che si è espresso a favore di un tasso terminale di almeno il 5-5,25% (dal precedente 4,75-5%), hanno ridimensionato le speranze di un rallentamento del ciclo di restringimento negli Stati Uniti. A seguito di questi dati, i rendimenti statunitensi a 2 anni sono saliti venerdì da ~4,35% a ~4,49%. Sebbene si tratti di una battuta d’arresto, manteniamo la nostra visione complessivamente positiva sui mercati nel 2023, poiché riteniamo che ci stiamo avvicinando al picco di restrizione della banca centrale, in linea con i nostri precedenti Bullets settimanali. Pertanto, reputiamo che la Fed non si discosterà molto dal percorso che ha seguito e consideriamo i commenti di Bullard come un tentativo di ” placare” i mercati dopo una settimana di forte crescita. Il tasso terminale statunitense prezzato dai mercati rimane al 5% circa e dovrebbe essere raggiunto nel maggio 2023.
Team Algebris di Strategie di Credito Globale
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