Bank of Japan – Sfidare l’inevitabile (per ora)
Mercoledì la BoJ ha sorpreso i mercati lasciando invariata la politica di controllo della curva dei rendimenti (YCC), contro le aspettative del mercato di un allargamento della banda di oscillazione o di una rimozione totale della politica. Le pressioni salariali continuano ad aumentare in Giappone (Uniqlo ha appena chiesto un aumento del 40% per i propri dipendenti) e venerdì il CPI è salito a un massimo decennale del 4%, con il core al 3%. La BoJ possiede ormai quasi tutti i titoli di Stato a 10 anni in circolazione, risultando così un mercato poco efficiente con una curva dei rendimenti fortemente dislocata. La reazione dei prezzi alla sorpresa di mercoledì è stata comunque rassicurante, in quanto l’USDJPY è salito di meno del 2,5% ed è sceso rapidamente dopo, ora quasi invariato rispetto a prima dell’incontro, intorno a 129. Riteniamo che la BoJ stia solo rimandando l’inevitabile e che alla fine dovrà rivedere il proprio approccio di politica monetaria. I catalizzatori chiave da tenere d’occhio saranno la scelta del nuovo governatore, che dovrebbe essere annunciata entro il prossimo mese, e gli ulteriori sviluppi salariali nel Paese.
Eurozona – Non è tempo di colombe
I membri dovish della BCE hanno cercato di spingere per rialzi più contenuti questa settimana, cercando così di allontanare i mercati dalle direttive di dicembre della Lagarde, che prevedevano due rialzi di 50 pb a febbraio e marzo. I membri più accomodanti hanno parlato di un calo dell’inflazione dovuto alla diminuzione dei prezzi dell’energia. I membri più ridigi, tra cui Lagarde, Lane, Knot, Rehn e Holzmann, si sono prontamente opposti e hanno affermato che la prospettiva di diversi rialzi di 50 pb rimane valida. Il CPI core di dicembre è salito al 5,2% all’inizio del mese e riteniamo che una crescita salariale persistentemente più elevata nell’Eurozona, pari al 5-6%, manterrà l’inflazione core più alta ancora a lungo. Inoltre, i dati economici europei stanno reggendo bene e il sentiment delle imprese e i sondaggi stanno migliorando. In combinazione con la riapertura della Cina, riteniamo che i rischi per i tassi europei siano al rialzo.
Mercati – Le bad news non sono più good news
I dati economici statunitensi sono peggiorati questa settimana, con un calo delle vendite al dettaglio paria -1,1% mensili e il sondaggio Empire Manufacturing della Fed di New York sulle condizioni attuali delle imprese che è sceso a -32,9, molto più basso rispetto al -8,7 del sondaggio. A partire da questa settimana, abbiamo notato un’inversione di tendenza nelle correlazioni: le azioni hanno registrato una flessione mentre i titoli di stato USA sono saliti, seguendo la classica correlazione negativa tra i due prezzi. Per un po’ di tempo, i dati economici negativi sono stati visti come una buona notizia, perché davano agli investitori la fiducia che le pressioni della domanda sull’inflazione potessero alla fine attenuarsi e che la Fed potesse rallentare. Tuttavia, questa tendenza si sta invertendo. I mercati sono convinti che l’inflazione statunitense scenderà rapidamente (i prezzi di mercato vedono l’inflazione scendere al 2,1% entro giugno) e che la Fed rallenterà a 25bps a febbraio (i prezzi di mercato implicano 27,5 bps). Ciò significa che le cattive notizie economiche segnalano ora un’incombente recessione e dovrebbero quindi essere considerate come notizie sfavorevoli dal mercato. Se i dati negli Stati Uniti continueranno a peggiorare, ciò implica un maggiore ribasso per gli asset di rischio e un maggiore rialzo per i titoli di Stato.
Regno Unito – Dati solidi vs BoE dovish
I dati di questa settimana nel Regno Unito hanno mostrato che il mercato del lavoro rimane rigido e che le pressioni salariali continuano ad aumentare. La retribuzione settimanale (media trimestrale) è aumentata del 6,4% fino a novembre e i salari del settore privato sono aumentati addirittura del 7,1%. Il CPI continua a calare rispetto ai massimi, ma il dato core rimane stabile al 6,3%. Venerdì, le vendite al dettaglio, escluso il carburante per auto, sono scese del -1,1% a livello mensile e del -6,1% a livello annuale, con l’ONS che ha dichiarato che i consumatori stanno chiaramente riducendo gli acquisti non alimentari. Anche la fiducia dei consumatori è scesa più del previsto. I nuovi dati sui salari rappresentano un rompicapo per la BoE, che sta cercando di rallentare il ritmo delle sue politiche il prima possibile. Rimaniamo dell’idea che la BoE cercherà di terminare le oscillazioni il prima possibile, ma che 50 bps per la riunione di febbraio sia probabilmente l’ipotesi di base. In seguito, bisognerà vedere se il mercato del lavoro si stabilizzerà a sufficienza da permettere alla BoE di interrompere gli aumenti entro marzo.
Team Algebris di Strategie di Credito Globale
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