Russia/Ucraina – Guerra in Europa.
La Russia ha lanciato un attacco su larga scala contro l’Ucraina giovedì scorso. Le sanzioni occidentali contro la Russia sono state inizialmente lievi, ma sono diventate più dure durante il fine settimana, con la discussione sulla rimozione dell’accesso a SWIFT (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication) per alcune banche russe. L’Unione Europea e gli Stati Uniti, inoltre, hanno sanzionato le transazioni con la banca centrale russa (CBR), misura ritenuta particolarmente dannosa, in quanto si stima che $300-400 miliardi delle riserve internazionali della CBR, che ammontano a $650 miliardi, si trovino nelle giurisdizioni occidentali. Una riduzione delle risorse finanziarie russe destinate alla guerra sta comportando ingenti vendite di rublo a livello locale e una corsa agli sportelli. Di conseguenza, la CBR venerdì ha aumentato i tassi di interesse al 20% (dal 9,5%) e ha imposto restrizioni sulle riserve in valuta estera detenute dalle aziende russe. Tale misura rischia di infliggere forti sofferenze all’economia russa e di lasciare il rublo permanentemente più debole rispetto al livello suggerito dal petrolio. Per di più, i governi occidentali hanno aumentato il sostegno all’Ucraina fornendo armi e dotazioni militari. Russia e Ucraina hanno accettato di negoziare al confine con la Bielorussia, anche se non siamo fiduciosi sul fatto che questi negoziati conducano a risultati positivi, in quanto le richieste russe sono molto distanti da quelle ucraine. In data odierna, i prezzi degli asset russi sono scesi in modo significativo poiché gli investitori attendono i dettagli delle sanzioni, con il debito estero russo che prezza un’alta probabilità di un default tecnico. Riteniamo che le pressioni occidentali sulla Russia continueranno e prevediamo dunque che i prezzi degli asset russi rimangano bassi. Tuttavia, dati i solidi fondamentali dell’Ucraina prima del conflitto e l’elevato sostegno dell’Occidente, vediamo valore negli asset ucraini ai livelli attuali.
Banche centrali globali – Il percorso di tightening può essere posticipato?
Le banche centrali si trovano a un bivio nel conflitto tra Russia e Ucraina: le aspettative di inflazione, insieme ai prezzi delle materie prime, stanno sperimentando un rally, con il prezzo del petrolio che ha superato i $100 questa settimana. La guerra, però, fa sì che le banche centrali si stiano interrogando se sia questo il momento giusto per attuare una stretta monetaria in modo aggressivo. Il panorama principale per gli Stati Uniti, caratterizzati da un’inflazione superiore al target e un mercato del lavoro rigido, rimane forte e invariato, anche grazie ai dati rassicuranti di venerdì riguardo a PCE (Personal Consumption Expenditure), beni durevoli e spesa. Riteniamo che un ciclo di inasprimento a partire da marzo sia ancora giustificato – anche se forse ad un ritmo più graduale a causa dell’incertezza geopolitica.
In Europa, invece, la guerra avrà un impatto molto più diretto sull’economia, mettendo in discussione il percorso della politica di restrizione monetaria della BCE. Venerdì, Lane ha stimato che la guerra produrrà una contrazione della crescita dell’Eurozona dello 0,3%-0,4% nel 2022. A tal proposito, una delle voci più hawkish all’interno della BCE, che all’inizio della scorsa settimana puntava a due rialzi nel 2022, ha invertito rotta dopo l’invasione russa, chiedendo invece un’uscita ritardata dal QE (Quantitative Easing). I rendimenti dei bond italiani a 10 anni, di conseguenza, sono scesi di 11pb giovedì, per poi risalire, concludendo la settimana in modo pressoché piatto. La conferenza stampa di venerdì della Lagarde ha fornito poche informazioni aggiuntive riguardo alla politica monetaria da seguire, sottolineando che tutte le decisioni saranno prese alla riunione di marzo e dipenderanno dai dati macroeconomici. Mentre i mercati prima stimavano che la BCE avrebbe aumentato di 50pb i tassi d’interesse entro dicembre 2022, venerdì questa stima è scesa a 35pb. Rimaniamo posizionati su tassi più elevati sia negli Stati Uniti che in Europa, poiché l’inflazione continua incessantemente a pressare e sarà il fattore che, alla fine, condurrà tutte le banche centrali all’azione.
Algebris Investments’ Global Credit Team
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