Inflazione nell’Eurozona – Calano gli effetti di base, ma l’inflazione core è ancora più alta
L’inflazione headline dell’Eurozona è scesa al 6.9% a/a dall’8.5% del mese scorso, 20 pb al ribasso rispetto al consenso. Il calo è stato guidato dai prezzi dell’energia, che sono scesi del -2.2% su base mensile e del -0.9% su base annuale. Un anno dopo l’invasione dell’Ucraina e la conseguente forte impennata del petrolio e del gas, gli effetti base ampiamente previsti stanno ora trascinando il contributo dell’energia a un livello materialmente inferiore. Tuttavia, l’inflazione core è salita ancora una volta dello 0.1% raggiungendo il 5.7%, in linea con il consenso. I prezzi dei beni industriali sono aumentati del 2.4% su base mensile, nonostante i dati annuali siano scesi al 6.6%. L’inflazione legata ai servizi è salita nuovamente al 5% su base annuale, con un aumento di 60 punti percentuali rispetto al mese scorso. Le opinioni all’interno della BCE sono discordanti, con le colombe che individuano nel rapido calo dell’inflazione core il loro principale obiettivo e mandato. I falchi invece rivolgono l’attenzione al persistente aumento dell’inflazione core e al continuo forte slancio di fondo dei diversi fattori determinanti. Riteniamo che i prezzi dei tassi terminali della BCE dovrebbero essere in una fascia compresa tra il 3.5 e il 3.75%, data la forza dell’inflazione core e la solidità del settore bancario europeo, che probabilmente inasprirà gli standard di prestito più lentamente rispetto alla controparte statunitense.
Mercati monetari – Osservando i flussi
I mercati monetari statunitensi hanno continuato a registrare flussi in entrata, con 60.1 miliardi di dollari in entrata fino al 29 marzo, per un totale di 508 miliardi di dollari nel primo trimestre. Si è trattato del maggior ingresso trimestrale dal periodo di risk-off del Covid nel primo trimestre del 2020, confermando i timori degli investitori di queste settimane. Un segnale positivo è stata la riduzione dei prestiti bancari dalle due strutture di garanzia della Fed: Le banche statunitensi hanno preso in prestito 152 miliardi di dollari nella settimana fino al 29 marzo, in calo rispetto ai 164 miliardi di dollari della settimana precedente. Di cui, 88 miliardi di dollari provenienti dal tradizionale “discount window” della Fed, in calo rispetto ai 110 miliardi della scorsa settimana e al picco record di 153 miliardi del mese scorso. Il nuovo programma di finanziamento a termine per le banche è stato utilizzato per 64 miliardi di dollari, in aumento rispetto ai 54 miliardi della settimana precedente, in quanto questo tipo di finanziamento rimane il più conveniente per le banche, date le generose condizioni di prestito. Il calo complessivo dei prestiti suggerisce un miglioramento della liquidità bancaria e ha permesso ai mercati di prendere un sospiro di sollievo dopo questa settimana.
Mercati – Situazione di stallo
Il mercato sta prendendo fiato dopo la violenta reazione delle quotazioni a seguito di SVB, Credit Suisse e del collocamento dei tassi nelle settimane precedenti. Il rischio europeo si è rafforzato: l’Eurostoxx50 è salito del 4,3%, l’indice Banks del 6% e gli spread del credito HY europeo sono scesi di 50 pb a 450 pb la scorsa settimana. Anche gli spread bancari subordinati si sono ristretti, registrando un calo di 33 pb per arrivare a 185 pb nell’indice iTraxx SubFin. Sui mercati dei tassi, la corsa alla qualità si è parzialmente invertita: i Bund tedeschi a 10 anni sono saliti di 14 pb raggiungendo 2,3% e gli spread swap a 10 anni sono scesi di 4 pb toccando lo 0,5%. Riteniamo che il mercato richiederà un certo premio al rischio nel lungo periodo e pertanto non pensiamo di tornare rapidamente ai livelli pre-stress.
Team Algebris di Strategie di Credito Globale
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