Italia – L’Incertezza può attendere
In Italia, Sergio Mattarella è stato rieletto Presidente della Repubblica, dopo una settimana di consultazioni politiche che non erano riuscite a fornire un’alternativa valida. Il risultato è positivo per gli asset di rischio italiani. Non essendo stato eletto Draghi, le possibilità di elezioni anticipate sono ora scomparse, e il governo può continuare il proprio lavoro riguardo la pandemia e il recovery fund. Inoltre, la credibilità del Presidente in carica può proteggere almeno parzialmente gli asset italiani dalla volatilità, in vista delle elezioni del 2023. Inoltre, Mattarella è al suo secondo mandato, ciò suggerisce che questo scenario non esclude Draghi come prossimo Presidente dopo le elezioni del prossimo anno, se le condizioni politiche lo permetteranno. L’impatto immediato sui BTP e sugli asset italiani è stato limitato, poiché non molti hanno prezzato le possibilità di incertezza politica a seguito di queste elezioni. I prossimi 12 mesi, invece, potrebbero essere più difficili. La BCE detiene ora il 35% del debito italiano, e il graduale tapering del 2022 potrebbe essere seguito da rialzi nel 2023. Le elezioni sono all’orizzonte nel 2023, e i partiti di destra raggiungono cumulativamente il 40% nei sondaggi. Ciò implica un certo rischio di coda riguardo a discussioni non proprio market friendly, che riemergono regolarmente durante la campagna elettorale. Le elezioni forniscono quindi una buona assicurazione contro i potenziali rischi monetari e politici.
Fed – Rialzi da calibrare
La prima riunione della Fed del 2022 ha preparato il mercato per il prossimo ciclo di rialzi. Il 26 gennaio, il Presidente Powell ha chiaramente annunciato la presenza di molteplici rialzi nel 2022, non escludendo la possibilità di ulteriori rialzi annunciati in riunioni future. È importante sottolineare che i rischi derivanti dalla recente volatilità del mercato azionario e dalla pandemia sono stati minimizzati. L’inasprimento quantitativo è stato anche discusso come una naturale conseguenza dei rialzi. Infine, dopo la riunione, i membri del FOMC (Comitato Federale del Mercato Aperto) hanno annunciato la possibilità di un rialzo di 50pb per dare inizio al ciclo, se le condizioni di inflazione lo dovessero giustificare. Dopo la riunione, i prezzi di mercato dei rialzi sono aumentati a 5 nel 2022. La Fed sta gradualmente convergendo verso un atteggiamento più preoccupato nei confronti dell’inflazione. A novembre e dicembre, la stabilità dei mercati delle materie prime non ha attenuato la pressione inflazionistica, e l’inflazione dei servizi sta gradualmente raggiungendo il valore di quella dei beni. Allo stesso tempo, l’amministrazione americana sta facendo intuire che l’inflazione rappresenta ora una priorità politica. Condividiamo molte delle recenti preoccupazioni della Fed sull’inflazione, ma riteniamo che le richieste del mercato riguardo 7-8 rialzi siano probabilmente un pò esagerate. Quattro rialzi manderebbero il giusto messaggio al mercato, e rappresentano quindi lo scenario più probabile, a nostro avviso. Dal punto di vista del mercato, il front-end è ora adeguatamente prezzato per i rialzi, ma il long-end e il belly non lo sono. I rendimenti USA a lungo termine rimangono più del 2% al di sotto delle proiezioni di inflazione a 12 mesi della Fed, e sia la Fed che il consenso si aspettano ora che l’inflazione scenda verso il 3% nel 2023. Man mano che la Fed si avvicina alla stretta e i primi rialzi si materializzano, la pressione ripida sulla curva statunitense potrebbe essere destinata ad aumentare, estendendo ulteriormente il recente selloff dai Treasury ad altre aree, come l’azionario e il credito.
BCE – Non è il momento di cambiare…
Giovedì non ci aspettiamo che la comunicazione della BCE sulla politica monetaria venga modificata sostanzialmente. La guida per il tapering del PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme) verrà aggiornata, ma il ritmo sarà probabilmente mantenuto flessibile almeno per qualche mese. Per quanto riguarda l’inflazione, è improbabile che la BCE suoni il campanello d’allarme. Gli effetti secondari sui salari rimangono contenuti e la narrativa transitoria non è mai stata completamente abbandonata. Un percorso di ammorbidimento può quindi ancora essere suggerito dalla BCE, soprattutto perché i bottlenecks dell’offerta continuano ad allentarsi. L’impatto dei prezzi dell’energia sull’inflazione può rappresentare una questione controversa, data la fluidità della situazione ai confini dell’Ucraina. L’atteggiamento sui rialzi dovrebbe rimanere simile al quarto trimestre del 2021, con la Presidente Lagarde che non prevede rialzi nel 2022 e movimenti dipendenti dall’inflazione nel 2023. Nel complesso, la BCE non sembra avere fretta di assumere una posizione più rigida. L’inflazione ha raggiunto i valori più alti della storia, ma non così elevati come negli Stati Uniti. Negli USA, il grande accumulo di debito periferico rende la tolleranza dell’inflazione più alta rispetto ai colleghi globali. La pressione sui tassi di mercato e sullo spread è discretamente aumentata negli ultimi tre mesi, ma rimane ampiamente sotto controllo. La BCE potrebbe quindi rimandare la stretta, aspettando una maggiore pressione da parte della Fed per agire in modo più deciso. Restiamo dell’opinione che l’inflazione e i rialzi globali chiameranno la necessità di una posizione più rigida di quanto il mercato si aspetti, ma probabilmente vedremo segni concreti verso l’estate o dopo il primo rialzo della Fed.
Alberto Gallo – Portfolio Manager Global Credit Opportunities Fund
Gabriele Foà – Portfolio Manager Global Credit Opportunities Fund
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