BCE – 50 punti dovish
Giovedì la Banca centrale europea ha aumentato i tassi di interesse 50 pb portandoli al 2,5% e ha previsto un ulteriore aumento di 50 pb a marzo, adottando tuttavia un tono meno aggressivo del previsto.
Nel comunicato non è emerso il tema di “un’inflazione troppo alta”, ma è stato specificato che la BCE “continuerà ad aumentare i tassi di interesse in modo significativo e a un ritmo costante, mantenendoli a livelli sufficientemente restrittivi”. Nella conferenza stampa il tono è stato molto più accomodante rispetto alla guidance comunicata a dicembre, ponendo una minore enfasi sui recenti miglioramenti dei dati e sulla vischiosità dell’inflazione core.
I mercati si sono posizionati decisamente short in vista dell’evento e, di conseguenza, hanno registrato un notevole rialzo. I rendimenti dei Bund tedeschi sono scesi di 20 pb, mentre i rendimenti dei titoli di Stato italiani sono scesi di 40 pb raggiungendo il minimo. Scomponendo il movimento dei titoli tedeschi, abbiamo notato che circa tre quarti, corrispondenti a circa 15 pb, provenivano da un riprezzamento dei rendimenti front-end, in quanto i mercati hanno rivalutato il tasso terminale al 3,3% circa e aggiunto un prezzo per i tagli dei tassi dal 2024 in poi.
Gli esponenti della BCE hanno tentato di respingere con cautela la reazione rialzista, sottolineando che secondo alcuni il tasso finale sarebbe ancora del 3,5% e che l’inflazione core rimarrebbe preoccupante.
Non riteniamo che la BCE possa reagire in modo convincente, in quanto dovrà attendere le nuove previsioni di marzo. È probabile che tali stime dell’inflazione vengano riviste sostanzialmente al ribasso a causa del calo dei prezzi dell’energia, rendendo difficile una prospettiva molto aggressiva oltre marzo.
La domanda chiave sarà: come il Consiglio valuterà il calo dell’inflazione energetica rispetto alla rigidità dell’inflazione di base? Oltre agli esperti della BCE, la nostra attenzione per questa settimana si concentra sulla pubblicazione dell’indice dei prezzi al consumo tedesco di giovedì, che potrebbe determinare una revisione al rialzo dell’indice dei prezzi al consumo dell’Eurozona.
Fed – Chiusura in vista
Mercoledì la Fed ha effettuato l’atteso rialzo di 25 punti base al 4,5-4,75% e ha segnalato la necessità di proseguire con gli aumenti dei tassi.
Ancora più importante, nella dichiarazione è stato riconosciuto il recente allentamento dell’inflazione e il Presidente Powell ha menzionato il fenomeno della disinflazione per ben undici volte durante la conferenza stampa. Alla domanda in merito, Powell ha riconosciuto che qualora l’inflazione dovesse diminuire in maniera così rapida come previsto dai mercati, la politica potrebbe essere rivista. A nostro avviso, Powell ha ora passato la palla al mercato, per interpretare i prossimi dati che comprenderanno altri due rapporti sull’indice dei prezzi al consumo e, soprattutto, ancora importanza al mercato del lavoro fino a marzo, che rimane l’obiettivo principale.
I dati JOLTS (Job Openings and Labor Turnover Survey) della scorsa settimana hanno mostrato che il rapporto tra posti di lavoro disponibili e numero di disoccupati ha raggiunto nuovamente i massimi a 1,09 volte, mentre il tasso di dimissioni è rimasto spiacevolmente alto al 2,7%. Il dato sull’occupazione ADP e l’indice del costo dell’occupazione avevano inizialmente indicato condizioni più favorevoli, ma i dati NFP (Nonfarm Payrolls) di venerdì, pari a 517 mila unità, così come l’indice ISM dei servizi, pari a 55,2, hanno rapidamente invertito la tendenza, facendo sì che i rendimenti dei Treasury a 10 anni concludessero la settimana intorno al 3,5%, invariati rispetto alla settimana precedente.
I mercati assegnano ora una probabilità del 90% per un rialzo di 25 pb a marzo e del 60% per un rialzo a maggio.
Mercati – I falchi sono fuori città
Il rallentamento della politica delle banche centrali globali ha alimentato un ampio rally nei mercati azionari e obbligazionari, in quanto gli investitori si aspettano che la decelerazione dell’inflazione comporti il raggiungimento del picco dei tassi di interesse. A differenza dello scorso anno, quando i policy maker avevano deciso di non allentare le condizioni finanziarie e di mantenere la politica restrittiva, il rally si sta ora concretizzando in quanto i responsabili delle politiche evitano di rilasciare commenti significativi.
La nostra visione risulta piuttosto differenziata: concordiamo nel ritenere che la Fed sia prossima alla fine del proprio ciclo, poiché l’inflazione si ridurrà rapidamente quest’anno. Ciò comporta che il rischio statunitense potrà riprezzare più in alto e i rendimenti dei Treasury più in basso, nell’ipotesi di un allentamento dei mercati del lavoro.
Il rialzo dell’Eurozona, tuttavia, appare eccessivo e più simile a un disimpegno del posizionamento short che torna a livelli neutrali, poiché le prospettive dell’inflazione restano incerte, con il dato core che per il momento appare bloccato al 5,2%.
Nei prossimi sei mesi osserveremo attentamente i dati sul mercato del lavoro, sull’inflazione e sulla crescita su entrambe le sponde dell’Atlantico. In questo modo potremo capire quanto velocemente le banche centrali possano terminare il ciclo di rialzi e qualora dovessero emergere delle crepe nell’economia, con l’entrata in vigore dei ritardi della politica monetaria.
Team Algebris di Strategie di Credito Globale
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