Economia USA – Da solida a debole
L’economia statunitense ha mostrato segnali di rallentamento la scorsa settimana, dopo la pubblicazione di un dato di PIL molto forte per il terzo trimestre (4,9%), guidato dai consumi e dall’accumulo di scorte nei magazzini. I Non-Farm Payroll (salariati del settore non agricolo) hanno sorpreso al ribasso a 150mila, ma sono rimaste invariate altre metriche che indicano la tenuta del mercato del lavoro, quali il tasso di licenziamento (2,3%) e il rapporto posti di lavoro disponibili/disoccupati (1,5x). Delusione per indici ISM, sia manifatturiero (46,7) che dei servizi (51,8), che lasciano presagire una crescita più debole per il quarto trimestre (solo 0,8% secondo il consenso degli analisti). In seguito all’annuncio da parte del Tesoro americano di un rifinanziamento meno aggressivo di quanto si pensasse, i rendimenti dei titoli decennali sono scesi di quasi 50 pb da mercoledì, smorzando un sostanziale inasprimento delle condizioni finanziarie.
Fed – Segnali di cautela
La Fed ha mantenuto i tassi invariati come previsto, inviando segnali di cautela sulla linea futura. Pur tenendo un orientamento restrittivo, la Fed ha riconosciuto che l’inasprimento delle condizioni finanziarie di fatto sostituisce i rialzi dei tassi e ha smorzato le proiezioni precedenti che indicavano ancora un rialzo quest’anno. La dichiarazione è stata subito messa in discussione dal crollo del decennale nella seconda metà della settimana. In assenza di nuove proiezioni, restiamo in attesa di vedere cosa succederà alla ben più importante riunione di dicembre, ma a parer nostro la Fed ha concluso il percorso di rialzo tassi, alla luce dell’atteso rallentamento nel quarto trimestre.
Giappone – Alla ricerca dell’inflazione
La Banca Centrale del Giappone (BoJ) ha proseguito il graduale percorso di normalizzazione della politica monetaria, mentre le pressioni inflazionistiche continuano a crescere. La Banca centrale ha allentato la propria politica di controllo della curva dei rendimenti (YCC), trasformando il limite dell’1% per il rendimento decennale in un valore di riferimento più flessibile; questa apertura consente ai rendimenti dei titoli di stato di seguire i movimenti del mercato globale (al rialzo) e di non dover rispettare un limite rigido. Così facendo, la BoJ è stata meno aggressiva di quanto i mercati temessero, eliminando per il momento la pressione al ribasso dalle obbligazioni globali a lungo termine. Ci aspettiamo la fine dei tassi negativi entro il 2023 o all’inizio del 2024, anche se essa sarà fortemente condizionata dall’economia statunitense. Se nel frattempo dovessimo assistere a una recessione negli Stati Uniti e a un calo sostanziale dei rendimenti americani, la Banca centrale giapponese potrebbe non aver bisogno di operare alcuna modifica.
Algebris Investments’ Global Credit Team
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