BCE – Dietro la curva.
La riunione della BCE di giovedì scorso si è rivelata più accomodante del previsto, con aggiornamenti marginali sul fronte della politica monetaria. Il programma APP (Asset Purchase Programme) si concluderà nel terzo trimestre (anche se non è stata fornita una tempistica precisa) e il primo rialzo dei tassi non avverrà finché gli acquisti non termineranno. Tuttavia, il tono è sembrato meno propenso ad un rapido inasprimento rispetto a quanto percepito in precedenza. Le preoccupazioni riguardo l’instabilità economica indotta dalla guerra sono aumentate notevolmente e ulteriori azioni di politica monetaria sono ora esplicitamente legate allo slancio economico nei prossimi trimestri. I timori sull’inflazione rimangono elevati, ma sono adesso molto più equilibrati rispetto ai rischi economici ipotizzati nella riunione di marzo. Un rialzo dei tassi a luglio sembra ancora possibile ma molto meno probabile, di conseguenza i prezzi sono tornati ai livelli di fine anno. Inevitabilmente, la BCE è apparsa meno coinvolta nella lotta all’inflazione, determinando un indebolimento dell’euro e una curva dei rendimenti del Bund più ripida. Il tasso di cambio EUR/USD è attualmente al minimo da 5 anni e il differenziale di rendimento della curva 2-10 anni in Germania è al livello più alto dal 2019. Con un’inflazione all’8%, una rifocalizzazione della BCE sull’economia o sugli spread continuerà a sollevare le preoccupazioni del mercato, soprattutto perché la Fed ha dato il via ai rialzi dei tassi. Continuiamo a vedere possibilità ridotte per una recessione in Europa, come suggeriscono i prezzi di mercato. Di conseguenza, una maggiore pressione sulle valute estere potrebbe significare che l’eventuale aumento dei tassi non sarà ritardato a lungo e la BCE potrebbe tornare a dover assumere un tono da falco piuttosto rapidamente.
Inflazione USA – Picco locale all’orizzonte.
L’inflazione statunitense di marzo ha segnato nuovi massimi, dando al contempo la speranza che il raggiungimento del picco inflattivo non sia troppo lontano. L’indice IPC ha registrato l’8,5% su base annua e l’1,2% su base mensile, mostrando così un forte aumento. Tuttavia, la componente energetica ha rappresentato la maggior parte dell’incremento mensile, con gran parte della ripresa energetica che si è attenuata in aprile. L’IPC core, infatti, è aumentato solo dello 0,3% su base mensile, meno di quanto ipotizzato dal consensus per la prima volta da agosto e con il ritmo mensile più lento da ottobre. Il prezzo delle auto usate, un fattore importante che ha avuto un grande impatto nella componente core dell’indice negli ultimi nove mesi, sta finalmente diminuendo e anche i dati su veicoli e rifugi stanno mostrando segni di stabilizzazione. Un dato core più stabile e una ripresa del rally dell’energia indicano una potenziale forte moderazione del ritmo mensile nei prossimi mesi. I fondamentali aiuteranno anche il prossimo print dell’inflazione, alla luce del recente slancio dell’inflazione iniziato ad aprile 2021. Nel complesso, i livelli rimarranno elevati, ma gli ultimi dati suggeriscono un maggiore ottimismo sul raggiungimento del picco. Giovedì saranno pubblicati i livelli dell’inflazione dell’Eurozona per aprile, che potrebbero anche segnalare un rallentamento della componente energetica. Nel complesso, siamo ancora convinti di un aumento dei tassi di interesse a medio termine. Tuttavia, uno stop a livello locale potrebbe facilitare una pausa nei rialzi dei tassi nei prossimi 2-3 mesi.
Cina – Troppo poco, troppo tardi.
L’economia cinese continua ad essere sottoposta a lockdown intermittenti, ma i policymaker rimangono eccessivamente cauti. Il dato del primo trimestre si è attestato al 4,8% annuo, ben al di sopra del consenso, ma ancora molto al di sotto del 5,5% a cui le autorità puntano per quest’anno. I dati a frequenza più elevata, tuttavia, rivelano un andamento più preoccupante. Le vendite al dettaglio di marzo si sono contratte del 3,5%, il primo risultato negativo dalla crisi del Covid nel 2020. Anche i tassi di disoccupazione e gli investimenti immobiliari hanno mostrato forti oscillazioni, avvicinandosi ai livelli toccati nel primo trimestre del 2020. L’impatto delle crescenti chiusure deve ancora riflettersi sul PIL trimestrale, ma pesa duramente sui dati di marzo, il che suggerisce un potenziale impatto più forte nel secondo trimestre del 2022, salvo una normalizzazione della situazione. Le autorità hanno risposto riducendo il coefficiente di riserva obbligatoria delle banche di 25 punti base. Gli sviluppi di politica monetaria appaiono ancora timidi, dato che il RRR (tasso di riserva obbligatorio) delle grandi banche rimane comunque al di sopra dell’11% e i tassi sui prestiti non sono stati tagliati. Lo slancio economico cinese continua a latitare e i nuovi lockdown si aggiungono alla tensione causata dalla crisi immobiliare nel terzo trimestre del 2021. Ciononostante, i politici si sono astenuti dall’attuare un’espansione monetaria negli ultimi nove mesi, sebbene ci sia margine di manovra e l’inflazione stia mostrando un andamento lento. Il proseguimento di questa tendenza renderebbe più difficile il raggiungimento dell’obiettivo del 5,5% annuo e potrebbe trasformare un rallentamento della Cina in un rischio di mercato chiave per l’anno in corso.
Elezioni in Francia – Show time.
Domenica 24 aprile in Francia si terrà il secondo turno delle elezioni presidenziali. Al primo turno, il presidente in carica Macron ha vinto contro la candidata di estrema destra Le Pen con uno scarto di quasi 5 punti percentuali. L’inaspettato risultato del candidato di sinistra Mélenchon, a soli 2 punti percentuali di distanza dalla Le Pen, è stato la principale sorpresa del primo turno e i suoi voti probabilmente decideranno l’esito del secondo turno. Mélenchon si è pubblicamente espresso contrario al voto per l’estrema destra, ma il suo elettorato è sensibile a diverse questioni sociali sostenute dalla Le Pen. Il voto di domenica, quindi, appare abbastanza aperto a qualsiasi risultato. Fin dal primo turno, i sondaggi si sono mostrati a favore di Macron, mentre quelli del secondo turno sono aumentati di 2 punti percentuali, passando in media dal 52% al 54%. Una vittoria della Le Pen sembra, quindi, meno probabile di quanto temuto pochi giorni prima del primo round elettorale, ma è tutt’altro che impossibile. Mentre la sua campagna si è fortemente attenuata rispetto alle posizioni assunte due anni fa sull’Europa e sull’immigrazione, è probabile che la Le Pen sia considerata inaffidabile dai mercati e la sua presidenza cambierebbe drasticamente le prospettive della leadership europea, soprattutto in vista delle elezioni italiane del prossimo anno. Gli spread degli OAT (Obligation assimilable du Trèsor) e dei BTP si sono allargati durante il primo turno, restringendosi subito dopo. L’azionario e il credito europei sono ben lontani dai livelli più deboli dell’anno e stanno ampiamente trascurando l’evento. Pertanto, il secondo turno di domenica ha il potenziale di diventare un rischio di coda fondamentale per i mercati europei.
Algebris Investments’ Global Credit Team
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