Inflazione europea – Tendenza al ribasso
La prima settimana del 2023 prevede la pubblicazione dei dati relativi all’inflazione di dicembre in tutta Europa.
I prezzi dell’energia e dell’elettricità hanno mantenuto una certa stabilità a dicembre, registrando un calo del 10% rispetto al mese di novembre. In Spagna, il dato dell’indice dei prezzi al consumo è stato pubblicato in anticipo (lo scorso venerdì), attestandosi al 5,8% su base annua, l’1% in meno rispetto a novembre. In Germania, a dicembre è iniziato ad essere erogato il sostegno energetico alle famiglie, che potrebbe contribuire a un’inflazione più morbida. Il consenso prevede per la Germania un indice dei prezzi al consumo del 10% per dicembre, l’1% in meno rispetto a novembre. Pertanto, dicembre potrebbe risultare il primo mese a registrare un vero e proprio calo dell’inflazione europea, dopo una certa stabilizzazione in ottobre e novembre. Il nostro modello interno prevede il dato dell’inflazione europea attestarsi intorno al 7% entro l’estate.
Tuttavia, le tensioni sui prezzi di base rimarranno elevate. Gli effetti secondari risultano più difficili da gestire, in quanto la disinflazione dell’energia impiega del tempo per riversarsi sui dati core. In Spagna, il dato core dell’inflazione ha registrato un’accelerazione di 60 punti base al 6,9% annuo a dicembre (sebbene alcune differenze di calcolo rispetto all’Europa possano influenzare positivamente il numero). Inoltre, la BCE ha appena rivisto al rialzo l’inflazione per il 2023, sottolineando l’importanza dell’inflazione core. L’aumento dell’inflazione di fondo e una BCE più agressiva comportano uno spazio limitato per un significativo allentamento dei tassi dell’Eurozona a seguito di un calo dell’inflazione complessiva. Continuiamo a ritenere che i tassi europei siano più fragili di quelli statunitensi e intravediamo un potenziale rialzo nel primo trimestre, in particolare per i bund (titoli di Stato tedeschi) e gli OAT (titoli di Stato emessi dal governo francese).
Cina – Ondata di riapertura
La Cina sta attraversando una nuova ondata di casi di Covid, in seguito alla riapertura dell’economia avvenuta a metà ottobre. Dopo un biennio di casi giornalieri ad una cifra in tutto il Paese, dati più recenti indicano che le infezioni giornaliere ammontano ora a milioni.
La diffusione dell’epidemia potrebbe rallentare il processo di riapertura in atto nel Paese, in quanto poiché potrebbero essere necessarie chiusure discontinue e le interruzioni dell’offerta di lavoro saranno diffuse. Tuttavia, il Paese ha rapidamente cambiato rotta, passando da un obiettivo di quasi zero casi al giorno alla tolleranza di milioni di casi giornalieri. Ciò potrebbe essere interpretato come conseguenza di un maggiore impegno verso la riapertura dell’economia, con conseguenze positive a medio termine sulla crescita economica.
Con gli Stati Uniti e l’Europa destinati a registrare una crescita prossima allo 0% nel 2023, un’inversione di tendenza della Cina verso tassi di crescita del 4-5% comporterebbe il ritorno del divario di crescita con il mondo occidentale ai massimi di 7 anni. Tradizionalmente, questo divario rappresenta un vantaggio per gli asset non statunitensi e per l’Asia in particolare. Dal momento in cui l’Europa e i mercati emergenti sono strutturalmente poco presenti nei portafogli degli investitori e il dollaro USA ha raggiunto i massimi da 30 anni in termini reali, gli asset non statunitensi potrebbero trarre un forte vantaggio se tale tendenza continuasse ad essere confermata nel primo trimestre del 2023.
Team Algebris di Strategie di Credito Globale
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