Aggiornamento su temi economici e d’investimento
Economia, politica e mercati
- L’azione della Banca Centrale e la reazione del mercato hanno dominato il mese di giugno
- Fed e BCE hanno mantenuto una posizione accomodante nonostante i forti segnali di inflazione
- I rendimenti lunghi obbligazionari si sono ridotti
- I dati economici e sui vaccini rimangono fortemente positivi
Strategia credito globale
Performance. A giugno, il fondo Algebris Global Credit Opportunities ha reso tra -0.6% e -0.5% a seconda delle diverse classi azionarie. A titolo comparativo, l’indice S&P ha chiuso a 2.3%, l’indice SX5E a 0.7%, l’indice EUR BAML HY (indice HE00) a 0.6%, l’indice US BAML HY (indice H0A0) a 1.4% e l’obbligazionario dei mercati emergenti (indice EMGB) a 0.2%. Nel corso del mese, la performance (in euro, al lordo delle commissioni) è stata trainata da: (i) Credito: -30pb, di cui -4pb da obbligazioni cash e -26pb da CDS; (ii) Tassi: -13pb; (iii) Valute: 0pb; (iv) Azionario: -2pb; (v) Altro: -7pb.
In giugno, la Fed e la BCE hanno mostrato pazienza nel cambiare atteggiamento verso una possibile restrizione monetaria, nonostante i forti segnali di inflazione di maggio. Di conseguenza, la volatilità è rimasta bassa e i tassi sono scesi, favorendo il credito e i carry trade. Abbiamo investito i nuovi afflussi in obbligazioni ad alto carry per mantenere un rendimento adeguato, proteggendoci dall’aumento della volatilità che la stretta monetaria potrebbe indurre nel terzo o quarto trimestre. Manteniamo un approccio cauto, con alti livelli di liquidità e protezione tramite CDS.
Posizionamento corrente. Le principali banche centrali (Fed e BCE) mantengono un atteggiamento accomodante / paziente nonostante i forti segnali di inflazione e gli indizi provenienti dalle materie prime e dai mercati del lavoro che l’inflazione sia qui per restare. Al di fuori di Stati Uniti ed Europa, le banche centrali stanno gradualmente cedendo: Brasile, Messico e Russia hanno alzato i tassi negli ultimi due mesi, la Cina mantiene una linea restrittiva e le banche centrali di altri mercati sviluppati (Canada, Norvegia, Nuova Zelanda) stanno adottando toni più duri. Crediamo che la Fed presto si arrenderà alla realtà dei dati e il Jackson Hole di fine agosto potrebbe rappresentare l’occasione per una svolta restrittiva. Pertanto, l’estate potrebbe ancora offrire alcune opportunità per carry trade e credito, ma con settembre / ottobre ci aspettiamo un aumento di spread e volatilità.
Di conseguenza, la nostra allocazione rimane molto conservativa. Manteniamo un’esposizione cauta al credito (50%), concentrandoci sui settori in cui vediamo ancora valore, come quelli legati alle riaperture (crociere e compagnie aeree, es. Carnival Corporation, FinnAir), ai consumi (auto es. Aston Martin) e ciclici (finanziario e energetico, es. Pemex). Ampia resta l’allocazione al credito convertibile (più attraente rispetto a quello tradizionale per via della componente azionaria, che remunera maggiormente il rischio e offre più protezione dall’aumento dell’inflazione), dove ci focalizziamo sugli emittenti a basso rischio credito nei settori legati alla riapertura e ciclici. In particolare, ci concentriamo sulle società con esposizione ad Europa e Asia (es. Dufry, IAG, WH Smith, Singapore Airlines), destinate a recuperare con l’accelerare delle vaccinazioni e delle riaperture nei due continenti.
Strategia credito finanziario
Giugno ha segnato la fine di un buon trimestre per gli attivi di rischio, spinti dalla crescente fiducia nella ripresa post-pandemica emersa dai dati economici in miglioramento. La performance è stata solida per tutto il mese, con i principali indici azionari in rialzo negli Stati Uniti (indice S&P 500: +2.3%) e in Europa (indice STOXX 600: +1.5%). Tuttavia, nonostante le vaccinazioni si stiano dimostrando efficaci nel contenere ospedalizzazioni e mortalità a fronte di un’impennata nei casi, l’emergere delle nuove varianti Covid ha spinto in alto i tassi governativi. Di conseguenza, l’azionario finanziario in Europa e USA ha sottoperformato il resto del mercato, correggendo parzialmente la buona performance dell’anno trainata dalla svolta meno accomodante dalla Fed, ottimista sulla ripresa post-Covid.
I programmi di QE delle banche centrali continuano a sostenere i tassi a lungo termine, con la curva americana che si è appiattita di circa 25pb a giugno. Tale fenomeno si avverte anche nel credito, dove l’HY ha superato l’IG per via di un potenziale ulteriore restringimento degli spread. Il credito finanziario ha performato bene in tutte le aree geografiche, con una riduzione degli spread sui titoli AT1 (-20pb), Tier 2 (-8pb) e Senior MREL/TLAC (-4pb). Nonostante il significativo repricing dai minimi di marzo 2020, il credito finanziario rimane più interessante rispetto al societario grazie ai solidi fondamentali e al contesto tecnico. In uno scenario di tassi potenzialmente più elevati nel secondo semestre, la nostra preferenza rimane per le obbligazioni a bassa duration che, grazie alla struttura cedolare che resetta per la maggior parte delle nostre posizioni e al supporto fornito da inflazione e ripresa economica, offrono un profilo rischio-rendimento più attraente.
Come la Banca d’Inghilterra, a giugno la BCE ha annunciato che le riserve della banca centrale rimarranno escluse dal calcolo della leva finanziaria fino al 2022, favorendo il contesto regolamentare per i finanziari. Inoltre, l’autorità spagnola per la concorrenza ha dato approvazione ad Unicaja all’utilizzo di modelli interni (circa 110pb di beneficio CET1) e alla fusione con Liberbank. Sul fronte dei rating, S&P ha declassato Sabadell facendo perdere la designazione Investment Grade al suo titolo Senior Non-Preferred. Tuttavia, l’agenzia ha annunciato una serie di buone notizie, rivedendo da negativo a stabile l’outlook dell’intero settore bancario spagnolo e di alcuni emittenti chiave nei nostri portafogli, tra cui Unicredit, ING, le banche francesi e Barclays (il cui outlook è ora positivo).
I €30 miliardi emessi sul primario sono in linea con il mese precedente e con giugno dello scorso anno. Anche la composizione è rimasta sostanzialmente invariata rispetto al resto del secondo trimestre, con le entità che continuano a concentrarsi più sul finanziamento (l’emissione di Senior Non-Preferred ha rappresentato circa il 60-65% di tutte le nuove operazioni a giugno come nel secondo trimestre) che sul capitale (circa il 20%). Gli istituti hanno opportunisticamente anticipato alcune emissioni future, approfittando della riduzione del differenziale all’interno della struttura di capitale grazie ai programmi di QE delle banche centrali di tutto il mondo e dell’attenuazione delle preoccupazioni relative al Covid (sul lungo periodo). Inoltre, il contesto attuale ha permesso ad alcuni emittenti meno attivi di accedere sia al mercato dei finanziamenti che a quello dei capitali, nell’incessante “caccia” al rendimento. A questo proposito, manteniamo un approccio selettivo alle nuove operazioni, data l’attuale incertezza sui tassi e i bassi livelli di liquidità che caratterizzano la stagione estiva.
Strategia azionario finanziario
Nei giorni successivi alla riunione di giugno del Federal Open Market Committee (FOMC) i mercati globali hanno risentito dell’appiattimento della curva dei rendimenti per le crescenti aspettative sui tassi statunitensi e il calo dei rendimenti a lungo termine. In particolare, percependo l’esito della riunione come un errore di valutazione, molti reflation trade sono crollati per la riduzione delle aspettative su inflazione e crescita. Infatti, il mercato era convinto che la Fed avrebbe lasciato che economia e inflazione si “surriscaldassero”, senza reagire di fronte ai più alti livelli di quest’ultima. La presunta svolta aggressiva di Powell all’ultima riunione del FOMC ha indebolito questa visione e, di conseguenza, le attese per un’inflazione fuori controllo sono diminuite. A nostro avviso, le movimentazioni sono state esacerbate da un posizionamento piuttosto teso, con molti investitori colti a scommettere sul continuo irripidimento della curva. Tuttavia, non siamo convinti che la Fed abbia compiuto una svolta significativa e, all’indomani dell’incontro, ci è sempre più chiaro che l’intenzione sia comunque quella di mantenere una politica monetaria accomodante. Nel primo trimestre 2021, il PIL nominale statunitense è salito dell’11% e salirà probabilmente del 15% nel secondo. L’inflazione core, invece, si aggira intorno al 5%. Questi tassi di crescita e inflazione post-pandemici, pur iniziando a diminuire, non sono affatto coerenti con tassi d’interesse nominali nell’intervallo basso dell’1%. In parole povere, pensiamo che tassi reali e nominali siano troppo bassi e ci aspettiamo che i rendimenti possano mostrare una propensione al rialzo. Un posizionamento short di massa potrebbe contrastare questo trend nel breve termine, ma alla fine i fondamentali prevarranno.
Il crollo dell’azionario finanziario in risposta ad una percepita svolta della Fed è forse sorprendente, dato che una banca centrale più aggressiva è normalmente considerata positiva per il settore, ma in questo caso i titoli bancari sono rimasti coinvolti nel crollo dei reflation trade. Essenzialmente, mentre la svolta meno accomodante percepita sarebbe teoricamente positiva per i guadagni delle banche (attraverso tassi a breve termine più alti), questo beneficio è stato più che compensato dall’impatto negativo sul multiplo degli utili (che tende a diminuire con una curva dei rendimenti in appiattimento). Tuttavia, è importante chiarire un paio di punti. Innanzitutto, mentre l’ultimo processo di normalizzazione della Fed ha causato un appiattimento della curva, non è necessariamente vero che una curva più piatta conduca a valutazioni più basse per i bancari. Tra il 2014 e il 2018, quando la Fed ha tagliato (e successivamente aumentato) gli stimoli, la curva americana 2/30 anni è crollata da 300 a 50 punti base, mentre l’indice bancario statunitense è salito da 70 a 110. In secondo luogo, nonostante il calo dei rendimenti nominali, continuiamo a vedere i breakeven dell’inflazione salire in Europa, dove gli swap sull’inflazione rimangono vicini ai massimi da inizio anno, anche dopo la sorpresa della Fed (e le aspettative sull’inflazione sono il driver macro più correlato all’azionario bancario europeo). Infine, per quanto crediamo che sia troppo presto per concludere che la fase di reflazione sia finita, l’azionario bancario ha molti altri punti di forza, oltre ad essere positivamente correlato ad una curva più ripida. I significativi ritorni di capitale, l’accelerazione sull’aumento degli utili, il nascente ciclo M&A e le valutazioni storicamente basse sono tutti fattori chiave che concorrono ad un contesto fondamentale favorevole per l’azionario bancario europeo, in particolare nei prossimi due anni.
Guardando al futuro, vediamo la ripresa dei dividendi bancari a settembre come un importante catalizzatore per il mercato, che tornerà a concentrarsi sui finanziari europei. La stragrande maggioranza delle nostre partecipazioni tratterà rendimenti da dividendo del 6-7% per il 2022, con molti titoli che vanteranno rendimenti all-in (comprendendo i buyback e i dividendi ritenuti) intorno al 15% nel quarto trimestre 2021. In passato, alle banche europee non sono stati mai riconosciuti alti livelli di capitale in eccesso (o perché effettivamente non li avevano o perché non li restituivano sufficientemente agli azionisti). Di conseguenza, gli investitori rimangono scettici sul ritorno del capitale in Europa (mentre negli Stati Uniti, il Comprehensive Capital Analysis and Review (CCAR) non è più considerato come un significativo catalizzatore positivo, dato che gli investitori dei finanziari statunitensi si sono abituati a tassi di payout molto elevati). Potrebbe volerci un po’ di tempo per combattere tale scetticismo, ma siamo fiduciosi che il processo inizierà nella seconda metà dell’anno e si tradurrà in un minor costo del capitale e prezzi sostanzialmente più alti.
Fuori dall’universo bancario, gli afflussi verso gli asset manager europei sono stati forti dal novembre 2020, quando gli annunci dei vaccini hanno dato il via alla rotazione dal Growth al Value, e lo sono tuttora, con le azioni più scambiate in crescita annualizzata del 5% a maggio (in netto contrasto con gli Stati Uniti, dove i titoli più scambiati hanno visto deflussi annualizzati pari al 2%). Inoltre, stiamo assistendo a segnali di ulteriore crescita, in particolare in Italia, dove gli afflussi verso asset e wealth manager hanno iniziato ad accelerare, con alcune società che hanno registrato una crescita annualizzata del 10% a maggio. Con il graduale investimento dei risparmi in eccesso e il ritorno della propensione al rischio, ci aspettiamo un mantenimento di questa tendenza. In particolare, gli asset manager italiani rappresentano un segmento sul quale ci siamo concentrati sempre di più data l’accelerazione della crescita organica, le valutazioni interessanti e la possibilità di guadagnare quote di mercato sfruttando il consolidamento.