Performance. A maggio, il fondo Algebris Global Credit Opportunities ha reso tra 0.3% e 0.6% a seconda delle classi azionarie. A titolo comparativo, l’indice EUR HY (BAML HE00) ha chiuso a 0.7%, l’indice US HY (BAML H0A0) a -0.9% e il governativo dei mercati emergenti (BAML EMGB) a -1.3%. Nel corso del mese, la performance (in euro, al lordo delle commissioni) è stata trainata da: (i) Credito: 59pb, di cui 67pb da obbligazioni cash e -8pb da CDS; (ii) Tassi: 15pb; (iii) Valute: -8pb; (iv) Azionario: -21pb; (v) Altro: 0pb.
Posizionamento corrente. L’inflazione del 2022 e le preoccupazioni per il settore bancario di marzo hanno lasciato numerose dislocazioni sui mercati del credito, creando aree di ampio valore per gli investitori obbligazionari. Tuttavia, gli spread sugli indici appaiono relativamente stretti, il che significa che il rischio deve essere concentrato laddove lo stress è valutato maggiormente. Nell’ultimo mese abbiamo trasformato i titoli finanziari in societari man mano che le valutazioni relative si aggiustavano. Abbiamo esteso la duration del portafoglio dei mercati emergenti, lasciandone però stabile la dimensione.
Ci aspettiamo che la disinflazione continui e possa finalmente rafforzarsi in Europa. Crediamo che l’inflazione core scenderà sotto il 4% entro fine 2023 sia negli Stati Uniti che in Europa e che i dati globali continueranno a rallentare. In queste condizioni, le banche centrali arresteranno i rialzi e il recente ampliamento dei tassi globali rappresenta perciò un’opportunità per estendere la duration. La duration del Global Credit Opportunities Fund è di 3.2 anni (era poco meno di 2 anni a inizio aprile).
Il fondo si concentra su titoli con rendimenti del 10% e potenziale di rialzo. Lo Yield to Call (YTC) complessivo del fondo è pari a 9.9%, con rating BBB- e duration di 3.2 anni. L’esposizione netta è pari all’86%, lasciando spazio per aggiungere rischio in caso di stress del mercato.
L’esposizione netta ai finanziari (incluse posizioni corte liquide e CDS su singoli emittenti) rappresenta circa il 50% del portafoglio. Ci concentriamo su debito subordinato di campioni nazionali europei con rendimenti del 9-12%. L’esposizione è stata recentemente ridotta a seguito del sensibile incremento di marzo.
L’esposizione netta corporate (incluse posizioni corte liquide e CDS su singoli emittenti) rappresenta il 31% circa del portafoglio. In Europa, ci concentriamo su obbligazioni con rendimenti dell’8-10% garantite da solidi pool di asset tangibili con valutazioni fortemente scontate rispetto al valore sottostante. A livello settoriale, l’esposizione si concentra principalmente in comunicazioni, energia / utility e immobili residenziali di alta qualità. Negli Stati Uniti ci focalizziamo su obbligazioni con rendimenti dell’8-9% e potenziale per un prossimo rifinanziamento.
L’esposizione netta ai mercati emergenti (incluse posizioni corte liquide e CDS su singoli emittenti) rappresenta il 16% circa del portafoglio e l’attenzione è rivolta principalmente ai mercati locali, con l’inflazione che sta scendendo rapidamente in America Latina e in alcuni paesi asiatici ed europei. I primi Paesi ad aver proceduto al rialzo saranno in grado di tagliare i tassi dal 10-14% al 6-8% nei prossimi 12 mesi, e ciò beneficerà sia i tassi che le valute.
L’esposizione lorda del fondo è del 142%. L’esposizione lunga netta liquida (inclusi CDS su singoli emittenti) è del 98%, a cui si aggiunge un posizionamento corto attraverso indici CDS del 12%.
La duration del Global Credit Opportunities Fund è di 3.2 anni (vs poco meno di 2 anni a inizio aprile), ma rimane comunque al di sotto dei principali indici (circa 4.3 anni per HY e 6.9 anni per IG globale). Il rapporto tra YTC e duration e YTC e rating continuano ad essere tra i più interessanti degli ultimi cinque anni per il fondo.
Strategia credito finanziario
Maggio si è rivelato un mese movimentato, caratterizzato da diversi sviluppi negli Stati Uniti. Il mese è iniziato con le rinnovate preoccupazioni per le banche regionali statunitensi ed è culminato con l’acquisizione di First Republic Bank da parte di JPMorgan, seguita dalla vendita delle attività da parte di un’altra banca regionale statunitense, PacWest. Entrambi gli eventi hanno contribuito a rafforzare la fiducia nello spazio finanziario statunitense, come dimostra l’indice azionario bancario US che – pur avendo chiuso a -6% – ha recuperato metà della perdita mensile, portando la discesa da inizio anno a 23%. Le banche europee, al contrario, sono rimaste in gran parte insensibili alle turbolenze negli Stati Uniti, cedendo solo il 3% e conservando un guadagno dell’8% da inizio anno.
Nonostante i disordini per le banche regionali, la Fed ha mantenuto un approccio trasparente e ha proseguito con un ulteriore rialzo di 25pb, portando l’aumento cumulato a 500pb dall’inizio del ciclo di aumenti nel marzo 2022, di cui 200pb negli ultimi 6 mesi. Alla luce dei commenti e dei dati economici recenti, è sempre più probabile che la Fed si fermerà nelle prossime riunioni per fare il punto sulle sue azioni di restringimento monetario.
Dall’altro lato, nel Regno Unito l’IPC si è rivelato più alto del previsto attestandosi a 8.7% ad aprile, portando ad un netto riprezzamento del tasso terminale dal 4.75% al 5.5%, il che implica almeno altri tre rialzi dei tassi. Le curve britanniche hanno comprensibilmente sottoperformato, con spostamenti paralleli di 40-50pb rispetto a movimenti medi di soli 10-20pb nell’Europa centrale e negli Stati Uniti. Ciò detto, con l’avvicinarsi delle banche centrali ai tassi terminali, una caratteristica comune a tutte le regioni è stata un’inversione di altri 10pb delle curve 2s10s a maggio.
Le banche europee hanno chiuso la stagione dei risultati mantenendo inalterate le tendenze positive osservate nel mese precedente. Escludendo Credit Suisse, lo stock di depositi è rimasto stabile in tutta Europa, con un leggero spostamento dai conti correnti ai conti vincolati, guidato principalmente dalle imprese. Ricordiamo che queste erano state addebitate nei periodi di tassi di interesse negativi, ed è quindi normale che cerchino ora una remunerazione più elevata dato il contesto di tassi positivi. I beta aggregati sui depositi rimangono bassi, lasciando i margini sulla clientela su una traiettoria positiva per il trimestre. La costruzione di capitale nel settore è stata di 20pb in media, con le entità che rimangono in una posizione solida per perseguire le loro politiche di dividendi e riacquisti.
Dopo un aprile decisamente sottotono, l’emissione primaria è naturalmente ripresa con la fine dei periodi di blackout, tornando al ritmo medio mensile di EUR40mld. Date le scadenze TLTRO e MREL imminenti, non sorprende che le emissioni si siano concentrate per circa 90% nel formato Senior, con poche operazioni subordinate da parte di emittenti che hanno soddisfatto il loro fabbisogno di capitale per l’anno.
Dall’evento Credit Suisse di metà marzo, gli AT1 hanno continuato la loro costante ripresa, guadagnando altri 2 punti a maggio e portandosi ad invariati in termini di rendimento totale da inizio anno. Ciò testimonia quanto il settore bancario europeo si sia rafforzato sotto molti aspetti, che lo allontanano in modo significativo da come era stato percepito durante i precedenti eventi sistemici a partire dalla crisi finanziaria globale di 15 anni fa.
Stategia azionario finanziario
Dopo gli eventi di marzo, i finanziari globali hanno continuato a cercare un punto d’appoggio, registrando un calo di quasi 4% nel mese di maggio. Il settore delle banche regionali statunitensi è rimasto al centro dell’attenzione, con le azioni in ribasso di oltre 15% nei primi quattro giorni del mese, per poi recuperare il 20% nelle quattro settimane successive, quando le preoccupazioni sulla liquidità si sono dissipate e i forti sconti sulle valutazioni hanno iniziato ad attrarre acquirenti fondamentali. Tuttavia, mentre le azioni delle banche regionali e a grande capitalizzazione statunitensi si trovano ancora in significativo ribasso da inizio anno (-23% e -33% rispettivamente a fine maggio), i titoli delle banche europee sono in rialzo di quasi 8%.
Questa sovraperformance, registrata in un periodo in cui tre grandi banche statunitensi sono fallite e una grande banca svizzera è stata assorbita, è indicativa di quanto siano progredite le banche europee dopo un lungo decennio di tassi di interesse negativi e di ricapitalizzazione dei bilanci. Tuttavia, nonostante l’impressionante resilienza, le banche europee hanno scontato passando da circa 7.5x a 6.5x dall’inizio dell’anno. Ciò lascia i titoli scambiati a multipli di valutazione osservati solo in periodi di crisi (e di massicci tagli agli utili) come nel caso della crisi del debito dell’Eurozona, della Brexit e del Covid. Questa volta, tuttavia, gli utili sono aumentati e il loro ciclo di crescita è proseguito con una performance molto forte nel primo trimestre appena concluso. Il 92% delle banche europee ha superato i dati di consenso, con un superamento medio del +17%, e i risultati sono stati ampiamente distribuiti tra margine di interesse, commissioni, costi, capitale e accantonamenti. La redditività del settore è tornata al 12% del ROTCE, quasi 50% in più rispetto al 2018, quando l’indice delle banche europee superava del 40% i livelli attuali.
Questi multipli estremamente bassi suggeriscono che il mercato stia avvertendo il picco degli utili. Sebbene questo possa essere il caso per alcune banche, le nostre partecipazioni più importanti sono costituite da titoli che dovrebbero continuare a beneficiare del ciclo di inasprimento monetario con un ritardo (ad esempio, a causa della struttura del mercato e/o delle coperture strutturali presenti nei bilanci delle banche). Di certo, i tre fattori positivi di cui abbiamo discusso per mesi con riferimento alle banche europee – miglioramento degli utili, rendimento del capitale e valutazioni storicamente basse – continuano a rappresentare un ampio e significativo sostegno per il settore. Tuttavia, con l’approssimarsi della fine del ciclo di rialzi della BCE, ci aspettiamo che la dispersione delle performance possa aumentare e che la selezione titoli possa quindi assumere un’importanza sempre maggiore.
Negli Stati Uniti, le Autorità di regolamentazione hanno segnalato la necessità di imporre coefficienti patrimoniali più elevati per diversi trimestri, in attesa della finalizzazione delle ultime disposizioni di Basilea III. Inoltre, sulla scia dei recenti fallimenti, è stata valutata la possibilità di imporre norme più stringenti alle banche con attività comprese nella fascia $100-250 miliardi. L’orizzonte temporale per l’entrata in vigore dei cambiamenti sarà probabilmente più lungo di quanto previsto, in quanto ogni nuova proposta sarà soggetta a periodi di consultazione e a procedure di stesura che potrebbero richiedere 1-2 anni; successivamente, una volta approvate, le disposizioni saranno probabilmente introdotte gradualmente nell’arco di diversi anni. In termini di modifiche, si prevede che le banche regionali non potranno più dedurre le perdite non realizzate sui titoli disponibili per la vendita da alcuni coefficienti patrimoniali. Inoltre, è probabile che gli istituti più grandi e complessi saranno soggetti a ingenti oneri patrimoniali legati ai rischi operativi.
In questo contesto complesso, vi saranno vincitori e vinti. Il nostro approccio per affrontare tali cambiamenti consiste nel detenere banche ben posizionate, con strutture patrimoniali forti, buona capacità di generazione di capitale organico, una solida base di depositi e un team manageriale di prim’ordine. Nonostante la crisi di marzo, queste banche continuano ad essere presenti negli Stati Uniti e molte trattano ad una frazione delle loro valutazioni storiche. Nel complesso, le banche statunitensi restano una quota relativamente modesta del portafoglio, ma in qualità di investitori value, guardiamo a questo spazio con interesse poiché è possibile acquistare attivi di qualità in un contesto in cui le valutazioni risultano eccessive, i fondamentali stanno potenzialmente iniziando a stabilizzarsi e il sentiment è profondamente negativo. Inoltre, è probabile che le fusioni e le acquisizioni si riveleranno un fattore chiave nei prossimi 12-24 mesi, con le banche che sono costrette ad espandersi, creando ampie opportunità per la generazione di alfa – sicuramente si tratta di un’area da tenere d’occhio.
Strategia credito globale
Performance. A maggio, il fondo Algebris Global Credit Opportunities ha reso tra 0.3% e 0.6% a seconda delle classi azionarie. A titolo comparativo, l’indice EUR HY (BAML HE00) ha chiuso a 0.7%, l’indice US HY (BAML H0A0) a -0.9% e il governativo dei mercati emergenti (BAML EMGB) a -1.3%. Nel corso del mese, la performance (in euro, al lordo delle commissioni) è stata trainata da: (i) Credito: 59pb, di cui 67pb da obbligazioni cash e -8pb da CDS; (ii) Tassi: 15pb; (iii) Valute: -8pb; (iv) Azionario: -21pb; (v) Altro: 0pb.
Posizionamento corrente. L’inflazione del 2022 e le preoccupazioni per il settore bancario di marzo hanno lasciato numerose dislocazioni sui mercati del credito, creando aree di ampio valore per gli investitori obbligazionari. Tuttavia, gli spread sugli indici appaiono relativamente stretti, il che significa che il rischio deve essere concentrato laddove lo stress è valutato maggiormente. Nell’ultimo mese abbiamo trasformato i titoli finanziari in societari man mano che le valutazioni relative si aggiustavano. Abbiamo esteso la duration del portafoglio dei mercati emergenti, lasciandone però stabile la dimensione.
Ci aspettiamo che la disinflazione continui e possa finalmente rafforzarsi in Europa. Crediamo che l’inflazione core scenderà sotto il 4% entro fine 2023 sia negli Stati Uniti che in Europa e che i dati globali continueranno a rallentare. In queste condizioni, le banche centrali arresteranno i rialzi e il recente ampliamento dei tassi globali rappresenta perciò un’opportunità per estendere la duration. La duration del Global Credit Opportunities Fund è di 3.2 anni (era poco meno di 2 anni a inizio aprile).
Strategia credito finanziario
Maggio si è rivelato un mese movimentato, caratterizzato da diversi sviluppi negli Stati Uniti. Il mese è iniziato con le rinnovate preoccupazioni per le banche regionali statunitensi ed è culminato con l’acquisizione di First Republic Bank da parte di JPMorgan, seguita dalla vendita delle attività da parte di un’altra banca regionale statunitense, PacWest. Entrambi gli eventi hanno contribuito a rafforzare la fiducia nello spazio finanziario statunitense, come dimostra l’indice azionario bancario US che – pur avendo chiuso a -6% – ha recuperato metà della perdita mensile, portando la discesa da inizio anno a 23%. Le banche europee, al contrario, sono rimaste in gran parte insensibili alle turbolenze negli Stati Uniti, cedendo solo il 3% e conservando un guadagno dell’8% da inizio anno.
Nonostante i disordini per le banche regionali, la Fed ha mantenuto un approccio trasparente e ha proseguito con un ulteriore rialzo di 25pb, portando l’aumento cumulato a 500pb dall’inizio del ciclo di aumenti nel marzo 2022, di cui 200pb negli ultimi 6 mesi. Alla luce dei commenti e dei dati economici recenti, è sempre più probabile che la Fed si fermerà nelle prossime riunioni per fare il punto sulle sue azioni di restringimento monetario.
Dall’altro lato, nel Regno Unito l’IPC si è rivelato più alto del previsto attestandosi a 8.7% ad aprile, portando ad un netto riprezzamento del tasso terminale dal 4.75% al 5.5%, il che implica almeno altri tre rialzi dei tassi. Le curve britanniche hanno comprensibilmente sottoperformato, con spostamenti paralleli di 40-50pb rispetto a movimenti medi di soli 10-20pb nell’Europa centrale e negli Stati Uniti. Ciò detto, con l’avvicinarsi delle banche centrali ai tassi terminali, una caratteristica comune a tutte le regioni è stata un’inversione di altri 10pb delle curve 2s10s a maggio.
Le banche europee hanno chiuso la stagione dei risultati mantenendo inalterate le tendenze positive osservate nel mese precedente. Escludendo Credit Suisse, lo stock di depositi è rimasto stabile in tutta Europa, con un leggero spostamento dai conti correnti ai conti vincolati, guidato principalmente dalle imprese. Ricordiamo che queste erano state addebitate nei periodi di tassi di interesse negativi, ed è quindi normale che cerchino ora una remunerazione più elevata dato il contesto di tassi positivi. I beta aggregati sui depositi rimangono bassi, lasciando i margini sulla clientela su una traiettoria positiva per il trimestre. La costruzione di capitale nel settore è stata di 20pb in media, con le entità che rimangono in una posizione solida per perseguire le loro politiche di dividendi e riacquisti.
Dopo un aprile decisamente sottotono, l’emissione primaria è naturalmente ripresa con la fine dei periodi di blackout, tornando al ritmo medio mensile di EUR40mld. Date le scadenze TLTRO e MREL imminenti, non sorprende che le emissioni si siano concentrate per circa 90% nel formato Senior, con poche operazioni subordinate da parte di emittenti che hanno soddisfatto il loro fabbisogno di capitale per l’anno.
Dall’evento Credit Suisse di metà marzo, gli AT1 hanno continuato la loro costante ripresa, guadagnando altri 2 punti a maggio e portandosi ad invariati in termini di rendimento totale da inizio anno. Ciò testimonia quanto il settore bancario europeo si sia rafforzato sotto molti aspetti, che lo allontanano in modo significativo da come era stato percepito durante i precedenti eventi sistemici a partire dalla crisi finanziaria globale di 15 anni fa.
Stategia azionario finanziario
Dopo gli eventi di marzo, i finanziari globali hanno continuato a cercare un punto d’appoggio, registrando un calo di quasi 4% nel mese di maggio. Il settore delle banche regionali statunitensi è rimasto al centro dell’attenzione, con le azioni in ribasso di oltre 15% nei primi quattro giorni del mese, per poi recuperare il 20% nelle quattro settimane successive, quando le preoccupazioni sulla liquidità si sono dissipate e i forti sconti sulle valutazioni hanno iniziato ad attrarre acquirenti fondamentali. Tuttavia, mentre le azioni delle banche regionali e a grande capitalizzazione statunitensi si trovano ancora in significativo ribasso da inizio anno (-23% e -33% rispettivamente a fine maggio), i titoli delle banche europee sono in rialzo di quasi 8%.
Questa sovraperformance, registrata in un periodo in cui tre grandi banche statunitensi sono fallite e una grande banca svizzera è stata assorbita, è indicativa di quanto siano progredite le banche europee dopo un lungo decennio di tassi di interesse negativi e di ricapitalizzazione dei bilanci. Tuttavia, nonostante l’impressionante resilienza, le banche europee hanno scontato passando da circa 7.5x a 6.5x dall’inizio dell’anno. Ciò lascia i titoli scambiati a multipli di valutazione osservati solo in periodi di crisi (e di massicci tagli agli utili) come nel caso della crisi del debito dell’Eurozona, della Brexit e del Covid. Questa volta, tuttavia, gli utili sono aumentati e il loro ciclo di crescita è proseguito con una performance molto forte nel primo trimestre appena concluso. Il 92% delle banche europee ha superato i dati di consenso, con un superamento medio del +17%, e i risultati sono stati ampiamente distribuiti tra margine di interesse, commissioni, costi, capitale e accantonamenti. La redditività del settore è tornata al 12% del ROTCE, quasi 50% in più rispetto al 2018, quando l’indice delle banche europee superava del 40% i livelli attuali.
Questi multipli estremamente bassi suggeriscono che il mercato stia avvertendo il picco degli utili. Sebbene questo possa essere il caso per alcune banche, le nostre partecipazioni più importanti sono costituite da titoli che dovrebbero continuare a beneficiare del ciclo di inasprimento monetario con un ritardo (ad esempio, a causa della struttura del mercato e/o delle coperture strutturali presenti nei bilanci delle banche). Di certo, i tre fattori positivi di cui abbiamo discusso per mesi con riferimento alle banche europee – miglioramento degli utili, rendimento del capitale e valutazioni storicamente basse – continuano a rappresentare un ampio e significativo sostegno per il settore. Tuttavia, con l’approssimarsi della fine del ciclo di rialzi della BCE, ci aspettiamo che la dispersione delle performance possa aumentare e che la selezione titoli possa quindi assumere un’importanza sempre maggiore.
Negli Stati Uniti, le Autorità di regolamentazione hanno segnalato la necessità di imporre coefficienti patrimoniali più elevati per diversi trimestri, in attesa della finalizzazione delle ultime disposizioni di Basilea III. Inoltre, sulla scia dei recenti fallimenti, è stata valutata la possibilità di imporre norme più stringenti alle banche con attività comprese nella fascia $100-250 miliardi. L’orizzonte temporale per l’entrata in vigore dei cambiamenti sarà probabilmente più lungo di quanto previsto, in quanto ogni nuova proposta sarà soggetta a periodi di consultazione e a procedure di stesura che potrebbero richiedere 1-2 anni; successivamente, una volta approvate, le disposizioni saranno probabilmente introdotte gradualmente nell’arco di diversi anni. In termini di modifiche, si prevede che le banche regionali non potranno più dedurre le perdite non realizzate sui titoli disponibili per la vendita da alcuni coefficienti patrimoniali. Inoltre, è probabile che gli istituti più grandi e complessi saranno soggetti a ingenti oneri patrimoniali legati ai rischi operativi.
In questo contesto complesso, vi saranno vincitori e vinti. Il nostro approccio per affrontare tali cambiamenti consiste nel detenere banche ben posizionate, con strutture patrimoniali forti, buona capacità di generazione di capitale organico, una solida base di depositi e un team manageriale di prim’ordine. Nonostante la crisi di marzo, queste banche continuano ad essere presenti negli Stati Uniti e molte trattano ad una frazione delle loro valutazioni storiche. Nel complesso, le banche statunitensi restano una quota relativamente modesta del portafoglio, ma in qualità di investitori value, guardiamo a questo spazio con interesse poiché è possibile acquistare attivi di qualità in un contesto in cui le valutazioni risultano eccessive, i fondamentali stanno potenzialmente iniziando a stabilizzarsi e il sentiment è profondamente negativo. Inoltre, è probabile che le fusioni e le acquisizioni si riveleranno un fattore chiave nei prossimi 12-24 mesi, con le banche che sono costrette ad espandersi, creando ampie opportunità per la generazione di alfa – sicuramente si tratta di un’area da tenere d’occhio.