Performance. In marzo, il fondo Algebris Global Credit Opportunities ha reso tra -2.7% e -2.1% a seconda delle classi azionarie. A titolo comparativo, l’indice EUR HY (BAML HE00) ha chiuso a -0.4%, l’indice US HY (BAML H0A0) a 1.1% e il governativo dei mercati emergenti (BAML EMGB) a 1.7%. Nel corso del mese, la performance (in euro, al lordo delle commissioni) è stata trainata da: (i) Credito: -166pb, di cui -188pb da obbligazioni cash e 22pb da CDS; (ii) Tassi: -49pb; (iii) Valute: 15pb; (iv) Azionario: -29pb; (v) Altro: 0pb.
Posizionamento corrente.
Il Fondo è entrato nel volatile mese di marzo con un’esposizione netta al credito relativamente bassa e una duration di 1.9 anni; abbiamo quindi sfruttato i bruschi movimenti di marzo per aumentare l’esposizione e ridurre la duration. Convinti del fatto che il recente stress bancario non avrebbe innescato una crisi sistemica, abbiamo dunque approfittato dei picchi degli spread di credito per aumentare la nostra esposizione a buon mercato.
L’esposizione netta è attualmente pari all’83%, rispetto al 65% circa di inizio febbraio. Da metà marzo è stato aggiunto circa il 15% di rischio, in particolare attraverso la liquidazione delle coperture CDS sui picchi.
L’esposizione netta è stata vicina al 100% al culmine della crisi del gas la scorsa estate, e ciò significa che abbiamo spazio per aumentare se gli spread si dovessero allargare ulteriormente.
La duration del Fondo è ora pari a 1.9 anni, contro i 2.2 anni di inizio febbraio. La riduzione è avvenuta principalmente attraverso un posizionamento corto sulla parte a 2 anni della curva.
Benché nella seconda metà del mese abbiamo aggiunto al portafoglio liquido alcuni titoli AT1 a buon mercato, l’esposizione cash è rimasta all’incirca la stessa di un mese fa.
Il 63% del portafoglio è rappresentato da finanziari, di cui 35% AT1. La maggior parte dell’esposizione è nelle grandi banche sistemiche europee.
Il 32% è rappresentato da titoli corporate, con una predilezione per gli emittenti europei. Deteniamo prevalentemente titoli ad alto rendimento in settori di elevata qualità (es. telecomunicazioni).
I mercati emergenti costituiscono il 16% del portafoglio, con un focus sulle obbligazioni in valuta locale nei Paesi in cui le banche centrali hanno margine per tagliare.
L’esposizione lorda del fondo è del 157%. Il posizionamento corto sul credito è pari al 28%, di cui 8% in credito cash e 20% in CDS (13% indici, 7% CDS su singoli emittenti).
Lo Yield to Call (YTC) complessivo del Fondo è pari a 9.4% e il rendimento a scadenza (YTM) è dell’8.7%. La qualità del credito media è BB+.
A seguito dei recenti movimenti, il rapporto tra YTC e duration e YTC e rating appaiono i migliori della storia del Fondo.
Strategia credito finanziario
Marzo è stato un mese tumultuoso per il settore finanziario a livello globale, con l’emergere dei rischi legati al rapido ritmo di aumento dei tassi da parte delle banche centrali. Il punto critico è stato il crollo della Silicon Valley Bank (SVB), che ha sofferto di una consistente fuga di depositi dopo aver fallito nel portare a termine un’emissione di diritti finalizzata a mitigare una perdita di $2 miliardi derivante dalla cessione di $21 miliardi di titoli, prevalentemente buoni del Tesoro statunitensi. Il crollo di SVB ha svelato alcune debolezze del settore bancario regionale statunitense, causate in parte da modifiche normative risalenti ad alcuni anni fa, che hanno portato ad una fuga di depositi di circa 3% tra le banche più piccole. Le successive misure messe in atto dalla Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) e dalle Autorità di regolamentazione hanno da allora rafforzato la fiducia nel sistema bancario statunitense.
Dopo aver segnalato un deflusso di depositi di circa 35% nel quarto trimestre 2022, Credit Suisse (CS) ha sofferto di continui problemi di liquidità e ha dovuto inevitabilmente ricorrere alla liquidità di emergenza della Banca Nazionale Svizzera (BNS). Tuttavia, ciò non è bastato ad arginare le preoccupazioni e, pochi giorni dopo, l’Autorità di regolamentazione svizzera FINMA ha forzato la vendita dell’intero istituto a UBS per $3 miliardi in azioni. Nell’ambito della vendita, $16 miliardi di AT1 sono stati interamente svalutati. Nell’ultimo anno, siamo diventati sempre più cauti riguardo alla redditività a breve termine di CS e, di conseguenza, siamo saliti lungo la struttura di capitale, spostando la nostra esposizione verso i Senior e allontanandoci dagli AT1, lasciando i fondi con solo circa 20pb di questi ultimi.
Comprensibilmente, la decisione della FINMA di non offrire alcun compenso ai detentori di AT1, a differenza degli azionisti che possono persino beneficiare del futuro rialzo del titolo, ha creato una notevole perplessità nei confronti dell’asset class degli AT1. Notando la gravità delle implicazioni, le Autorità di regolamentazione europee e britanniche sono prontamente intervenute confermando che il capitale azionario rimane il primo ad assorbire le perdite, e che solo dopo il suo esaurimento gli AT1 possono essere svalutati o convertiti in capitale proprio. Ciò ha immediatamente placato le preoccupazioni per la classe degli AT1, sottolineando la peculiarità del caso di CS e più in generale degli AT1 svizzeri, e dissipando i timori di contagio per gli AT1 europei e britannici.
La performance del credito finanziario europeo è stata influenzata dagli sviluppi turbolenti di marzo. Nonostante un notevole recupero rispetto ai più ampi picchi infra-mese, gli spread su senior e subordinati hanno chiuso a +30pb e +60pb rispettivamente. In media, gli AT1 hanno perso 7 punti e si è avuta un’ampia sovraperformance dei campioni nazionali e dei titoli strutturalmente superiori. Non sorprende che le azioni bancarie siano state tra le classi di attivo con le peggiori performance, rispettivamente -13% e -25% in Europa e negli Stati Uniti, lasciando i rendimenti totali da inizio anno a +6% e -18% rispettivamente.
Nonostante la generalizzata sottoperformance dei finanziari a marzo, restiamo positivi sulle prospettive per il settore bancario europeo, in quanto non rinveniamo alcun parallelismo diretto tra gli eventi delle banche regionali statunitensi, CS e le nostre principali posizioni. Gli spread sui finanziari sono tornati a livelli che non si vedevano dai tempi del Covid e senza dubbio il settore è oggi fondamentalmente più forte dati i tassi base più alti. Inoltre, da un punto di vista tecnico, le emissioni da inizio anno hanno superato di circa 15% gli elevati livelli dello scorso anno e vi è una maggior probabilità che gli AT1 vengano richiamati piuttosto che estesi nel resto di quest’anno.
Stategia azionario finanziario
Marzo 2023 è stato un mese da ricordare per il settore finanziario a livello globale. Il fallimento di due grandi banche negli Stati Uniti ha suscitato preoccupazioni diffuse sulla stabilità dei finanziamenti nel sistema bancario statunitense. Gli investitori hanno “sparato prima e fatto domande dopo”, innescando un calo del 25% del BKX (Nasdaq Bank Index). Nel frattempo, in Europa, i problemi pluriennali di Credit Suisse hanno raggiunto l’apice durante un fine settimana epocale, con UBS che ha acquisito l’istituto in una delle più grandi operazioni di fusione e acquisizione bancaria della storia. I titoli bancari europei hanno chiuso il mese sotto del 13%.
Rientrata la crisi, facciamo un passo indietro e valutiamo cosa sia cambiato e cosa no. È sorprendente che nelle due settimane dopo i fallimenti di SVB e Signature Bank i depositi bancari negli Stati Uniti siano scesi solo del 2%, considerata l’attenzione spasmodica dei media. Resta poco incoraggiante in un settore dove la migrazione dei depositi e il beta più alto più alto mettono pressione sui finanziamenti, ma non fa presagire la contrazione creditizia che in molti si aspettano. Dimostra anche che SVB e Signature fossero due casi isolati, con depositi altamente concentrati e in larga parte non assicurati (la crescita recente di Signature era stata trainata principalente dalle criptovalute), diversamente dalla stragrande maggioranza delle banche americane. Le banche più piccole hanno chiaramente sofferto di più rispetto alle grandi, con deflussi poco sopra il 3% nelle banche all’infuori delle prime 25 nel paese, ma comunque non è un risultato disastroso. Spaventa il settore immobiliare commerciale, dove le banche minori tendono a concentrarsi di più, e quindi è ragionevole aspettarsi che alcuni tra questi istituti possano avere difficoltà in futuro.
Ci sono delle analogie fra questa crisi e quanto accaduto dopo l’invasione della Russia lo scorso febbraio: uno shock esogeno innesca un crollo drastico e generalizzato dei titoli bancari, le correlazioni sono molto elevate, nonostante siano evidenti vincitori e vinti. Le banche di piccole dimensioni con depositi più stabili e posizioni patrimoniali più solide trattano oggi a uno sconto di oltre il 40% rispetto alle loro medie storiche, pur tenendo conto delle ripercussioni sugli utili di pressioni sui margini, sul credito e di natura regolamentare. Ci sono stati danni collaterali piuttosto consistenti anche al di fuori del settore bancario: le assicurazioni nel ramo vita hanno subito svendite pesanti nonostante abbiano finanziamenti stabili, un portafoglio di mutui conservativo e siano soggette a un regime normativo poco severo. Ad oggi i titoli assicurativi di qualità scambiano a 5-6 volte gli utili (con sconti del 30-40% rispetto alle medie storiche) e appaiono sempre più interessanti.
Vediamo ottime opportunità tra le rovine del cataclisma post SVB. Siamo entrati nella turbolenza di mercato con una posizione di liquidità importante, che tuttavia non abbiamo impiegato solo negli Stati Uniti. Al contrario, al momento è più semplice investire in Europa. Credit Suisse è un episodio epocale, ma probabilmente le scosse di assestamento indirette saranno meno sconvolgenti di quelle negli Stati Uniti. Tre grandi banche europee hanno ottenuto l’approvazione per dei piani di riacquisto di azioni importanti subito dopo l’acquisizione di Credit Suisse, il che implica che le autorità siano soddisfatte dello stato patrimoniale e di liquidità del settore. È molto probabile che gli utili statunitensi vengano declassati (si tratta più che altro di capire di quanto), mentre gli utili bancari europei continueranno ad avere un trend positivo; in particolare, i flussi di depositi e i beta restano ben bilanciati. Molti turisti del settore sono fuggiti al primo segnale di pericolo, come l’anno scorso allo scoppio della guerra. Il posizionamento dei future sull’indice SX7E è crollato ai minimi di 5 anni nel mese di marzo. I titoli bancari europei sono ai minimi sia su base assoluta che relativa (6 volte gli utili a termine e circa il 50% del multiplo di mercato), con rendimenti totali a due cifre per molti di essi. In sintesi, le banche europee hanno il vento in poppa per quanto riguarda fondamentali, valutazioni e sentiment. Abbiamo sfruttato i forti ribassi per aumentare le nostre partecipazioni chiave in Europa.
Strategia credito globale
Performance. In marzo, il fondo Algebris Global Credit Opportunities ha reso tra -2.7% e -2.1% a seconda delle classi azionarie. A titolo comparativo, l’indice EUR HY (BAML HE00) ha chiuso a -0.4%, l’indice US HY (BAML H0A0) a 1.1% e il governativo dei mercati emergenti (BAML EMGB) a 1.7%. Nel corso del mese, la performance (in euro, al lordo delle commissioni) è stata trainata da: (i) Credito: -166pb, di cui -188pb da obbligazioni cash e 22pb da CDS; (ii) Tassi: -49pb; (iii) Valute: 15pb; (iv) Azionario: -29pb; (v) Altro: 0pb.
Posizionamento corrente.
Strategia credito finanziario
Marzo è stato un mese tumultuoso per il settore finanziario a livello globale, con l’emergere dei rischi legati al rapido ritmo di aumento dei tassi da parte delle banche centrali. Il punto critico è stato il crollo della Silicon Valley Bank (SVB), che ha sofferto di una consistente fuga di depositi dopo aver fallito nel portare a termine un’emissione di diritti finalizzata a mitigare una perdita di $2 miliardi derivante dalla cessione di $21 miliardi di titoli, prevalentemente buoni del Tesoro statunitensi. Il crollo di SVB ha svelato alcune debolezze del settore bancario regionale statunitense, causate in parte da modifiche normative risalenti ad alcuni anni fa, che hanno portato ad una fuga di depositi di circa 3% tra le banche più piccole. Le successive misure messe in atto dalla Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) e dalle Autorità di regolamentazione hanno da allora rafforzato la fiducia nel sistema bancario statunitense.
Dopo aver segnalato un deflusso di depositi di circa 35% nel quarto trimestre 2022, Credit Suisse (CS) ha sofferto di continui problemi di liquidità e ha dovuto inevitabilmente ricorrere alla liquidità di emergenza della Banca Nazionale Svizzera (BNS). Tuttavia, ciò non è bastato ad arginare le preoccupazioni e, pochi giorni dopo, l’Autorità di regolamentazione svizzera FINMA ha forzato la vendita dell’intero istituto a UBS per $3 miliardi in azioni. Nell’ambito della vendita, $16 miliardi di AT1 sono stati interamente svalutati. Nell’ultimo anno, siamo diventati sempre più cauti riguardo alla redditività a breve termine di CS e, di conseguenza, siamo saliti lungo la struttura di capitale, spostando la nostra esposizione verso i Senior e allontanandoci dagli AT1, lasciando i fondi con solo circa 20pb di questi ultimi.
Comprensibilmente, la decisione della FINMA di non offrire alcun compenso ai detentori di AT1, a differenza degli azionisti che possono persino beneficiare del futuro rialzo del titolo, ha creato una notevole perplessità nei confronti dell’asset class degli AT1. Notando la gravità delle implicazioni, le Autorità di regolamentazione europee e britanniche sono prontamente intervenute confermando che il capitale azionario rimane il primo ad assorbire le perdite, e che solo dopo il suo esaurimento gli AT1 possono essere svalutati o convertiti in capitale proprio. Ciò ha immediatamente placato le preoccupazioni per la classe degli AT1, sottolineando la peculiarità del caso di CS e più in generale degli AT1 svizzeri, e dissipando i timori di contagio per gli AT1 europei e britannici.
La performance del credito finanziario europeo è stata influenzata dagli sviluppi turbolenti di marzo. Nonostante un notevole recupero rispetto ai più ampi picchi infra-mese, gli spread su senior e subordinati hanno chiuso a +30pb e +60pb rispettivamente. In media, gli AT1 hanno perso 7 punti e si è avuta un’ampia sovraperformance dei campioni nazionali e dei titoli strutturalmente superiori. Non sorprende che le azioni bancarie siano state tra le classi di attivo con le peggiori performance, rispettivamente -13% e -25% in Europa e negli Stati Uniti, lasciando i rendimenti totali da inizio anno a +6% e -18% rispettivamente.
Nonostante la generalizzata sottoperformance dei finanziari a marzo, restiamo positivi sulle prospettive per il settore bancario europeo, in quanto non rinveniamo alcun parallelismo diretto tra gli eventi delle banche regionali statunitensi, CS e le nostre principali posizioni. Gli spread sui finanziari sono tornati a livelli che non si vedevano dai tempi del Covid e senza dubbio il settore è oggi fondamentalmente più forte dati i tassi base più alti. Inoltre, da un punto di vista tecnico, le emissioni da inizio anno hanno superato di circa 15% gli elevati livelli dello scorso anno e vi è una maggior probabilità che gli AT1 vengano richiamati piuttosto che estesi nel resto di quest’anno.
Stategia azionario finanziario
Marzo 2023 è stato un mese da ricordare per il settore finanziario a livello globale. Il fallimento di due grandi banche negli Stati Uniti ha suscitato preoccupazioni diffuse sulla stabilità dei finanziamenti nel sistema bancario statunitense. Gli investitori hanno “sparato prima e fatto domande dopo”, innescando un calo del 25% del BKX (Nasdaq Bank Index). Nel frattempo, in Europa, i problemi pluriennali di Credit Suisse hanno raggiunto l’apice durante un fine settimana epocale, con UBS che ha acquisito l’istituto in una delle più grandi operazioni di fusione e acquisizione bancaria della storia. I titoli bancari europei hanno chiuso il mese sotto del 13%.
Rientrata la crisi, facciamo un passo indietro e valutiamo cosa sia cambiato e cosa no. È sorprendente che nelle due settimane dopo i fallimenti di SVB e Signature Bank i depositi bancari negli Stati Uniti siano scesi solo del 2%, considerata l’attenzione spasmodica dei media. Resta poco incoraggiante in un settore dove la migrazione dei depositi e il beta più alto più alto mettono pressione sui finanziamenti, ma non fa presagire la contrazione creditizia che in molti si aspettano. Dimostra anche che SVB e Signature fossero due casi isolati, con depositi altamente concentrati e in larga parte non assicurati (la crescita recente di Signature era stata trainata principalente dalle criptovalute), diversamente dalla stragrande maggioranza delle banche americane. Le banche più piccole hanno chiaramente sofferto di più rispetto alle grandi, con deflussi poco sopra il 3% nelle banche all’infuori delle prime 25 nel paese, ma comunque non è un risultato disastroso. Spaventa il settore immobiliare commerciale, dove le banche minori tendono a concentrarsi di più, e quindi è ragionevole aspettarsi che alcuni tra questi istituti possano avere difficoltà in futuro.
Ci sono delle analogie fra questa crisi e quanto accaduto dopo l’invasione della Russia lo scorso febbraio: uno shock esogeno innesca un crollo drastico e generalizzato dei titoli bancari, le correlazioni sono molto elevate, nonostante siano evidenti vincitori e vinti. Le banche di piccole dimensioni con depositi più stabili e posizioni patrimoniali più solide trattano oggi a uno sconto di oltre il 40% rispetto alle loro medie storiche, pur tenendo conto delle ripercussioni sugli utili di pressioni sui margini, sul credito e di natura regolamentare. Ci sono stati danni collaterali piuttosto consistenti anche al di fuori del settore bancario: le assicurazioni nel ramo vita hanno subito svendite pesanti nonostante abbiano finanziamenti stabili, un portafoglio di mutui conservativo e siano soggette a un regime normativo poco severo. Ad oggi i titoli assicurativi di qualità scambiano a 5-6 volte gli utili (con sconti del 30-40% rispetto alle medie storiche) e appaiono sempre più interessanti.
Vediamo ottime opportunità tra le rovine del cataclisma post SVB. Siamo entrati nella turbolenza di mercato con una posizione di liquidità importante, che tuttavia non abbiamo impiegato solo negli Stati Uniti. Al contrario, al momento è più semplice investire in Europa. Credit Suisse è un episodio epocale, ma probabilmente le scosse di assestamento indirette saranno meno sconvolgenti di quelle negli Stati Uniti. Tre grandi banche europee hanno ottenuto l’approvazione per dei piani di riacquisto di azioni importanti subito dopo l’acquisizione di Credit Suisse, il che implica che le autorità siano soddisfatte dello stato patrimoniale e di liquidità del settore. È molto probabile che gli utili statunitensi vengano declassati (si tratta più che altro di capire di quanto), mentre gli utili bancari europei continueranno ad avere un trend positivo; in particolare, i flussi di depositi e i beta restano ben bilanciati. Molti turisti del settore sono fuggiti al primo segnale di pericolo, come l’anno scorso allo scoppio della guerra. Il posizionamento dei future sull’indice SX7E è crollato ai minimi di 5 anni nel mese di marzo. I titoli bancari europei sono ai minimi sia su base assoluta che relativa (6 volte gli utili a termine e circa il 50% del multiplo di mercato), con rendimenti totali a due cifre per molti di essi. In sintesi, le banche europee hanno il vento in poppa per quanto riguarda fondamentali, valutazioni e sentiment. Abbiamo sfruttato i forti ribassi per aumentare le nostre partecipazioni chiave in Europa.